Da diverso tempo le relazioni tra la Russia guidata da Vladimir Putin e la Turchia di Erdogan sono tutt'altro che rosee. La Russia ha accusato più volte il governo turco di sostegno e finanziamento verso i miliziani del sedicente Stato Islamico nella guerra civile in Siria e inoltre si sono avute accuse reciproche sulla compravendita del petrolio dell'Isis. Recentemente, la Russia è tornata ad accusare la Turchia di connivenza e "collaborazionismo" con l'Isis tramite l'invidio di una lettera dell'ambasciatore all'ONU Vitaly Churkin allo stesso segretario delle Nazioni Unite Ban Ki-moon.

I sospetti affari di alcune aziende turche con l'Isis

Nella lettera inviata dall'ambasciatore russo all'ONU a Ban Ki-moon si parla di un dossier riguardante il coinvolgimento di una cinquantina di aziende che hanno fatto affari con lo Stato Islamico, e tra di queste almeno tredici di esse risulterebbero turche. Secondo quanto riportato in un articolo del quotidiano "la Stampa", Churkin ha sostenuto che tra le aziende turche coinvolte in affari con l'Isis vi sarebbero la Gultas Kimya, la Diversey Kima, la Ekm Gubre e altre.

La svolta 'neo-ottomana' di Erdogan 

Da diverso tempo la Turchia di Erdogan è considerata essere coinvolta in una forte "svolta autoritaria", nonché in un'aumento dell'importanza attribuita all'islamismo politico come strumento di governo. Spesso si considerano le recenti politiche del governo di Erdogan come facenti parte di una "svolta neo-ottomana" che egli avrebbe intenzione di dare il paese, svolta che prevederebbe anche una certa tolleranza verso l'ambiente dell'islamismo politico più radicale.

Secondo la Russia, nonché stando a diversi analisti e commentatori politici e geopolitici internazionali, tale "svolta neo-ottomana" comprende anche un certo sostegno (diretto o indiretto) nonché una certa tolleranza verso l'Isis e altre formazioni di stampo islamista radicale impegnate nella guerra civile in Siria, presunto sostegno e tolleranza che sinora è stato sempre smentito dalle stesse autorità turche.