Li hanno chiamati gli "hooligans del Sudamerica" ma in realtà il fenomeno delle "Barra Bravas", da anni piaga del calcio in Argentina, è un problema di ben più grave entità. Queste frange di tifoserie estremiste sono nate nel Paese del Rio della Plata negli anni '70 ma, con l'andare del tempo, hanno subito una trasformazione. Non si tratta più di semplici tifosi violenti, alla base c'è un business criminale che controlla e gestisce tutto ciò che ci può essere di illegale attorno ad un incontro di calcio: dai parcheggi abusivi nei dintorni dello stadio al bagarinaggio, dalla vendita sottobanco di cibo e bevande allo spaccio di droga.
Gli intrecci con polizia e politica
Il giro di affari delle Barras in Argentina si aggirerebbe intorno ai 20mila euro al mese. Spesso e volentieri l'attività delle organizzazioni beneficerebbe della complicità di poliziotti corrotti ma anche del benestare di alcuni club e perfino di politici. Non è un segreto che tra i gruppi più potenti di Barra Bravas ci sarebbe la "Doce", letteralmente sarebbe il "dodici", dodicesimo uomo in campo: è il nome con il quale sono conosciuti gli ultras del Boca Juniors. La "Doce", nel corso degli anni, avrebbe sviluppato legami molto forti con la dirigenza del celebre sodalizio calcistico di Buenos Aires e, addirittura, avebbe goduto di appoggi anche all'interno della Casa Rosada.
L'attuale presidente della Repubblica, Mauricio Macri, è stato presidente del Boca negli anni '90. Recentemente ha dichiarato di volersi impegnare per ridimensionare il problema ma, allo stato attuale, sono parole al vento. Le Barras proseguono indisturbate i loro affari illeciti e, oltre alle redditizie attività criminali, la violenza negli stadi in Argentina è purtroppo una drammatica costante se consideriamo che soltanto l'anno scorso ci sono stati diciotto morti.