Un attentatore suicida si è fatto esplodere davanti ad uno dei luoghi più sacri della religione islamica, la Grande Moschea di Medina, in cui, secondo la tradizione musulmana, avrebbe predicato il Profeta in persona e è oggi meta di pellegrinaggio di fedeli provenienti da tutto il mondo.

Il jihadista è stato avvicinato da alcune guardie insospettite dal suo comportamento nel parcheggio esterno e lì avrebbe azionato la sua cintura esplosiva: quattro delle guardie hanno perso la vita, mentre altre cinque sono rimaste gravemente ferite.

La scelta di colpire in questo periodo di Ramadan, il mese sacro per i fedeli islamici, è fortemente simbolica perché dopo le sconfitte subite in Siria, Iraq e Libia il sedicente Stato islamico vuole dimostrare di essere ancora in grado di organizzare attacchi e di essere ancora bene organizzato.

La minaccia

Il sedicente Califfato aveva dichiarato di volere rendere il mese sacro di Ramadan un inferno per gli occidentali ed è questa strategia di sangue e terrore ad avere ispirato gli attacchi degli ultimi giorni, anche quello a Dacca in cui hanno perso la vita nove imprenditori italiani che lavoravano nel settore tessile.

Gli uomini in nero del Califfato scelgono luoghi e date cariche di significati simbolici per tentare di fiaccare psicologicamente quelli che loro considerano nemici, cioè i turisti e i cittadini occidentali che si trovano per svago o per lavoro a frequentare Paesi a maggioranza islamica.

Un altro esempio è l'attacco che in Iraq, nella capitale Baghdad, ha provocato più di 200 vittime che alla fine della giornata di digiuno erano in un centro commerciale a comprare dolci e regali per i bambini come previsto dalla tradizione islamica.

Altro attacco simbolico

Ieri, 4 luglio, un attentatore ha provato, per fortuna senza successo, ad attaccare il Consolato statunitense di Gedda, nota località costiera dell'Arabia Saudita; il 4 luglio è il giorno della Festa dell'Indipendenza negli Stati Uniti e anche in questo caso si vede come la data per colpire sia stata scelta per provocare il massimo scalpore possibile.

Si pensa che il mancato terrorista fosse un cittadino pakistano di 34 anni che gridava di volere cacciare dalle terre dell'Islam quelli che lui definiva gli invasori occidentali; l'uomo è stato bloccato dalle guardie di sicurezza prima che potesse entrare nella rappresentanza diplomatica e solo due delle guardie sono state leggermente ferite.