Charlie Gard diventato un cittadino americano. Questa è soluzione proposta ieri, 18 luglio 2017, al termine di un incontro a Londra al quale ha partecipato un team di specialisti stranieri sotto la guida del neurologo americano Michio Hirano. Le motivazioni del team e dello specialista della Columbia University non hanno comunque convinto i medici britannici, ancora del parere che per Charlie non ci sia nulla da fare.
L'incontro è durato oltre 5 ore e si è concluso con un consulto fra Hirano e uno specialista inviato dall'Ospedale pediatrico Bambino Gesù sul referto della tomografia assiale del cervello del bimbo. Resta ora da capire se il Great Ormond Street Hospital potrà opporsi al trasferimento del piccolo o meno, essendo Charlie divenuto cittadino americano.
La storia di Charlie
Charlie ha solo 11 mesi e la sindrome da deplezione del Dna mitocondriale: soffre di un indebolimento muscolare progressivo così raro da venir riscontrato in soli 16 casi al mondo. Secondo i medici che lo hanno in cura all'ospedale pediatrico Great Ormond Street Hospital di Londra, la patologia non lascia speranze di sopravvivenza e non è possibile intervenire sul dolore continuo che il bambino prova.
I genitori, Chris Gard e Connie Yates, stanno tentando ogni via possibile, non si arrendono alla "sentenza di morte" del loro bambino e, nella ricerca di un'alternativa hanno individuato negli Stati Uniti una potenziale risposta, una possibilità per Charlie; raccolsero fino ad oggi 1,3 milioni di sterline con l'aiuto di 83mila persone. Nonostante questo, i medici britannici si proclamano contrari al trasporto del piccolo negli Usa, ritenendolo purtroppo inutile, se non dannoso. Nelle ultime settimane di vita del piccolo Charlie, i due genitori, riuscirono ad ottenere che prima di staccare le spine concedessero ancora un pò di tempo in sua compagnia, per salutare il loro bambino. Un appello accorato lanciato da entrambi e affidato ad un video provocò nel frattempo l'intervento anche di Papa Bergoglio e dall'ospedale pediatrico Bambino Gesù di Roma arrivò la disponibilità ad accogliere il piccolo.
Un prodigarsi da molte parti, compreso il Presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, che si espresse dichiarazioni in merito alla sua disponibilità per aiutare Charlie. Ma la mobilitazione lasciò spazio alla disillusione quando, il 4 luglio scorso, i medici del Great Ormond Street Hospital specificarono che il trasporto di Charlie non sarebbe potuto avvenire per motivi legali.
Il 6 luglio la madre lancia un ennesimo accorato appello attraverso Adnkronos Salute, Piero Santantonio, presidente dell'associazione Mitocon onlus, riporta che la madre chiedeva ancora una volta aiuto perché la sera sera del 6 luglio, o il giorno dopo, avrebbero staccato le spine. Lo scorso aprile 2017, l'Alta Corte brittanica si è schierata dalla parte dei medici stabilendo che la patologia che affligeva Charlie avrebbe avuto la meglio: bisognava staccare le macchine che tenevano in vita il piccolo.
Il giudice Nicholas Francis responsabile della sezione familiare presso l' Alta Corte si recò in ospedale in visita al piccolo Charlie e, sebbene dichiarasse di aver "il cuore spezzato" per la decisione che lo spettava, ritenne comunque che l'assoluta dedizione dei genitori non fosse sufficiente e che la sofferenza unita alla mancanza di speranze per Charlie conducessero ad una sola strada percorribile.
Quando la speranza non demorde
Il caso del piccolo Charlie è destinato a suscitare polemiche a lungo, si è infatti assistito ad un rimpallo protratto nei mesi fra la Corte europea dei diritti dell'uomo, i medici che ne sottolineavano le condizioni insostenibili, i giovani genitori che in una corsa contro il tempo tentavano il tutto e per tutto per il loro piccolo bambino; una polemica uscita dal Regno Unito che ha prodotto un impatto considerevole nell'opinione pubblica, finendo nelle discussioni politiche o religiose, perché in Italia il capogruppo alla camera della Lega, Massimiliano Fedriga, fece appello a papa Bergoglio che in ultima analisi arrivò a proporre un passaporto del Vaticano pur che potesse venir trasportato in Italia.
Charlie soffre e questo è un dato sul quale i medici hanno fondato la loro posizione sin dal principio, il bimbo non ha speranze perché le cure cui mirano i genitori negli Stati Uniti sono ritenute ancora sperimentali, ciò nonostante dopo il consulto avvenuto ieri a Londra, si riaccende la speranza che, in casi analoghi, è il tema portante, una propulsione che non può venire a mancare. Quel che resta, è che il caso del piccolo Charlie Gard e dei suoi combattivi genitori ha avuto un'eco mediatica che ha coinvolto migliaia di persone e la mobilitazione che ne è conseguita, si spera davvero, potrebbe regalare ancora speranze per Charlie Gard.