“Dove sta il golpe di cui cianciano i vertici Pd?”, si chiede polemicamente il direttore del Fatto Quotidiano, Marco Travaglio, nel suo editoriale domenicale. Secondo Travaglio, infatti, risulta perlomeno sospetta la circostanza che i grandi giornali come Repubblica, ma anche il Corriere della Sera, abbiano sposato senza esitazioni la teoria del complotto contro Matteo Renzi sul caso Consip denunciata dal Pd e messa in atto, secondo loro, dal pm di Napoli Henry John Woodcock, in combutta con gli ufficiali del Noe dei carabinieri Gianpaolo Scafarto e Sergio De Caprio, e con la collaborazione dello stesso Fatto Quotidiano.

Quando Bettino Craxi prima, Silvio Berlusconi poi, e Matteo Salvini ora, gridavano al golpe della magistratura contro di loro, si è sempre alzato un coro unanime di critiche da parte dei Media mainstream. Ora che le indagini toccano il Giglio Magico, sostiene l’allievo di Montanelli, il giornale fondato da Eugenio Scalfari cambia radicalmente linea editoriale. Perché? E quali sono gli errori e le sviste (forse volontarie) commesse da Repubblica in questi giorni? Vediamo.

La genesi della teoria del complotto

Il sospetto di un presunto golpe ai danni di Renzi esplode sui giornali e nella sede Pd del Nazareno all’indomani della pubblicazione del verbale di audizione del procuratore di Modena, Lucia Musti, il 14 settembre scorso da parte del Csm.

Consiglio Superiore della Magistratura (dove siede anche Giuseppe Fanfani, descritto come molto vicino a Maria Elena Boschi) che, precisa Travaglio, “non ha alcun diritto di indagare sui carabinieri”. La Musti attribuisce alcune frasi ai due ufficiali dell’Arma (“abbiamo una bomba”, “scoppia un casino, arriviamo a Renzi”) che i giornali avrebbero manipolato per dare credito al teorema del complotto. Ma De Caprio, il mitico capitano Ultimo, avrebbe fatto solo un riferimento generico all’inchiesta Cpl Concordia del 2014 che coinvolgeva Massimo D’Alema e, solo in misura minore, Matteo Renzi, intercettato a parlare male dei suoi compagni di partito insieme all’amico generale della Gdf Michele Adinolfi.

Scafarto, invece, quando incontrò la Musti nei primi di settembre del 2016 aveva appena raccolto elementi pesanti contro il padre dell’allora presidente del Consiglio ed è normale che si aspettasse un suo coinvolgimento nell’inchiesta.

Travaglio contro le 7 ‘bugie’ di Repubblica

Il quotidiano diretto da Mario Calabresi sostiene che Scafarto abbia deliberatamente alterato le carte dell’inchiesta al fine di “affondare l’allora primo ministro” (1), ma Travaglio smaschera questa fake news, perché i presunti falsi contestati all’ufficiale del Noe risalgono a fine dicembre 2016, quando Renzi si era già dimesso il 5 dicembre. Repubblica parla di misteriosi “apparati che agiscono in modo deviato ed eversivo” (2), ma Travaglio ribatte contestando che questi ‘apparati’ abbiano sempre agito “per conto del potere”, mentre nel caso in questione il Noe “indagava sul potere”.

Falsa anche la circostanza che il pm Woodcock abbia indebitamente assegnato l’inchiesta Consip al Noe che dovrebbe occuparsi solo di reati ambientali (3). L’indagine, invece, era partita per scoprire i rapporti criminali tra l’imprenditore Alfredo Romeo e la camorra per lo smaltimento illecito di rifiuti all’ospedale Cardarelli di Napoli.

Legittimo secondo Travaglio anche l’utilizzo del cosiddetto metodo delle “intercettazioni a strascico” (4), che al contrario Repubblica contesta. Il giornale mette poi in bocca a Scafarto l’esclamazione sulla “bomba pronta ad esplodere” (5), pronunciata invece da De Caprio un anno prima, nel 2015. Smontato anche il teorema (avallato anche nel suo ultimo libro Avanti da Renzi in persona) che anche il Fatto Quotidiano faccia parte del complotto (6) perché destinatario di atti coperti da segreto istruttorio sia per l’indagine Cpl Concordia che per quella Consip: quelle carte risultavano depositate e quindi consultabili.

Infine, non c’è stata “nessuna giustizia ad orologeria” (7), perché lo scoop del Fatto del 21 dicembre sulle ammissioni dell’ad Consip, Luigi Marroni, e sulla perquisizione dei suoi uffici dopo la scoperta delle cimici, giunge molto tempo dopo le dimissioni renziane del 5 dicembre. Inoltre, spiega Travaglio, è colpa del Giglio Magico, autore della soffiata a Marroni sulle microspie, se i carabinieri sono stati costretti al blitz del 20 dicembre, altrimenti, “le intercettazioni sarebbero proseguite, gli indagati avrebbero continuato a trafficare, le mazzette promesse sarebbero state pagate e incassate, e chi oggi grida al golpe a piede libero sarebbe in galera”.