Ieri sera, 14 settembre, è andata in onda su Rai3 la prima delle tre puntate (divisa in due episodi) di una docu-fiction intitolata I mille giorni di Mafia Capitale. Le immagini (per rivederle basta andare sulla pagina Fb di Rai3 e iscriversi gratuitamente al servizio RaiPlay), montate come un vero e proprio film, raccontano i particolari dell’inchiesta del Ros dei carabinieri, impegnato a Roma fin dal 2012 ad intercettare e filmare di nascosto Massimo Carminati, Riccardo Brugia, Matteo Calvio e tutti gli altri uomini del sodalizio definito Mondo di Mezzo.
Indagini che porteranno in poco tempo alla scoperta dei torbidi rapporti intercorsi tra il ‘Nero’ Carminati e il ‘Rosso’ Salvatore Buzzi, l’ex ras delle cooperative in affari con il Campidoglio. Un documento, quello girato dagli uomini del Raggruppamento fondato dal generale Carlo Alberto Dalla Chiesa (ucciso dalla mafia a Palermo nel 1982) che spiega nei minimi particolari, attraverso immagini ed intercettazioni chiare e inoppugnabili, le motivazioni che hanno portato gli inquirenti al blitz del 2014 che ha visto finire in manette decine di presunti appartenenti a quella che poi, nel primo grado di giudizio, non è stata riconosciuta come un’associazione mafiosa.
Le origini di Mafia Capitale e i rapporti nel mondo della destra romana
“Per spiegare meglio questa storia è bene partire da una cabina telefonica e da un colpo di sfortuna”. Inizia così la prima puntata de I mille giorni di Mafia Capitale, con la voce narrante che descrive la scena di Massimo Carminati esitante vicino ad una cabina telefonica di Corso Francia a Roma.
In quel momento, siamo nel giugno del 2014, i carabinieri del Ros gli stanno già col fiato sul collo da tempo e intercettano il telefono della cabina. Sfortuna vuole, si diceva, che subito dopo ‘Er pirata’, in quella cabina entra Manlio Denaro, conosciuto come ‘Er canuto’. L’uomo parla in codice con un’altra persona (che poi si scoprirà essere Giuliani) di una festa da organizzare per la nonna ma, in realtà, scopriranno poi gli inquirenti, sta definendo gli ultimi particolari del sequestro di Silvio Fanella, finito poi tragicamente nell’omicidio di quest’ultimo compiuto da Egidio Giuliani, Giuseppe Larosa e Giovanni Ceniti.
L’omicidio Fanella e i contatti tra Mokbel e Carminati
Silvio Fanella, broker di 41 anni già condannato per riciclaggio e orbitante intorno alla galassia della destra romana, viene trovato morto, colpito da un colpo di pistola al petto, nella sua casa di via della Camilluccia a Roma. Amico dell’estremista nero Gennaro Mokbel, si dice che Fanella avesse accumulato un vero e proprio tesoro, frutto di truffe, tra denaro contante e preziosi. Mokbel è un personaggio di spessore all’interno del sottobosco criminale e creditore di una forte somma nei confronti del commercialista Marco Iannilli (noto anche per aver investito forti somme nel mondo del calcio a 5). Iannilli ha paura di essere ammazzato Mokbel e, come mostrano le immagini, si rivolge proprio a Carminati per chiedere protezione.
Secondo Carminati, registrato nello studio di un noto avvocato romano, Mokbel avrebbe prestato “a strozzo” 7 milioni e mezzo di euro a Iannilli e, dopo un anno, non vedendo ritornare indietro la somma, avrebbe perso la pazienza. Compito di Carminati, come conferma lui stesso che nel 2013 incontra Mokbel al distributore di corso Francia, è quello di convincere l’amico a riprendersi i suoi soldi, ma senza “fare caciara”. In cambio della protezione concessa, questo il sospetto degli inquirenti, ‘Er cecato’ avrebbe ottenuto una villa a Sacrofano, vicino Roma.