Quella che vi stiamo per raccontare è la vicenda di un giovane proveniente dal Ghana, Amoako Kwadwo, appena diciannovenne, approdato in Italia a Lampedusa due anni fa dopo aver vissuto l'inferno del 'viaggio'. Un viaggio caratterizzato dall'attraversamento del deserto in condizioni inimmaginabili, cosa che spesso si rivela letale, dal dramma della prigionia e delle torture delle carceri libiche e dalla traversata finale del mar Mediterraneo a bordo di un barcone fatiscente.

Un percorso durato ventiquattro mesi secondo quanto riferito dal quotidiano Il Mattino, prima dell'arrivo in una città di cui ignorava anche l'esistenza, Padova. Molto più veloce il rientro in Ghana, invece, durato il tempo di un volo in aereo.

La scelta drastica di Amoako: ritorno a casa

Dopo due anni di permanenza in Italia, infatti, Amoako ha deciso di fare ritorno nella propria terra, spiegando che il nostro Paese non è come se lo era immaginato e che, nelle condizioni in cui viveva, tanto vale fare ritorno in Ghana dalla famiglia e tentare di farsi un futuro in Africa. Queste le parole riferite ad alcuni volontari che si occupavano della sua assistenza.

Quella che si è verificata per il diciannovenne ghanese è la stessa storia che accade anche ad altri giovani che arrivano pieni di speranza, ma che poi realizzano quanto la realtà dei fatti sia differente dalle aspettative che nutrivano prima di approdare in Italia. Sono tanti, quindi, i casi in cui alcuni ragazzi africani hanno il coraggio di fare ritorno nella propria terra ed è proprio questo che ha fatto Amoako, diciannovenne con gli occhi ancora di un bambino, ma con la saggezza di un adulto. Il giovane si è confidato con alcuni amici di Padova prima di prendere il suo aereo, spiegando di voler fare ritorno in Ghana perché è stanco e perché i suoi genitori hanno bisogno di lui.

Grazie all'aiuto dell'UE, potrà avere un futuro in Ghana

Salito sull'aereo, Amoako adesso ha finalmente raggiunto di nuovo il suo Paese e la sua famiglia, ma certamente non dimenticherà l'esperienza fatta alla sua giovanissima età. Dopo essere stato ospitato al campo di Bagnoli, uno dei più famosi e finito al centro di numerose polemiche a causa del sovraffollamento, ha cominciato a lavorare nei campi occupandosi dei raccolti per due aziende del posto. Prima di andare via, ha raccontato che era un'attività molto dura e che i soldi visti sono stati davvero pochi perché prima non è stato pagato, poi invece ha ricevuto meno di 250 euro al mese. Proprio per questo motivo, Amoako ha deciso di aderire al programma di rientro volontario che viene portato avanti dal governo e che è finanziato dai fondi UE. Oltre ad aver ricevuto assistenza economica per il viaggio di ritorno, ha ottenuto anche 1.400 euro per l'acquisto di bestiame e, conseguentemente, mettere in piedi un allevamento nel suo Paese.