Il conflitto in corso tra israeliani e palestinesi rischia di subire un'escalation dopo le parole di minaccia del numero due dei Guardiani della Rivoluzione Iraniana, Ali Fadavi, riportate dall'Iran International sulla piattaforma X, in occasione di un incontro con gli studenti dell'università di Teheran: “Alcuni considerano un attacco missilistico diretto su Haifa la linea d’azione più pratica.
Svolgeremo questo compito senza esitazione se sarà necessario e richiesto". Ali Fadavi ha anche spiegato che non è lui nè la sua organizzazione a decidere su questa guerra e sulle possibili prossime azioni. Nel frattempo Israele continua a bombardare i civili nella Striscia di Gaza e non permettere aiuti esterni se non il passaggio di pochi camion a singhiozzo e questo provocherebbe grande irritazione nei paesi arabi.
Le parole del viceministro degli Esteri iraniano Hossein Amir Abdollahian, in occasione di una conferenza stampa a Teheran, confermano lo stato di agitazione dei paesi arabi nel medio oriente: "La regione sarà fuori controllo se non si pone fine al genocidio della Striscia".
Aggiungendo poi che se Israele non dovesse fermare immediatamente le azioni contro i civili palestinesi potrebbe accadere "Tutto in qualsiasi momento".
La risposta di Tel Aviv: 'Colpiremo l'Iran ed Hezbollah in Libano'
Non si fa attendere la risposta di Israele per voce del Ministro dell'Economia Nir Barkat: "Il piano dell'Iran è di attaccare Israele su più fronti. Se realizziamo che vogliono colpirci, noi attaccheremo l'Iran". Lasciando intendere che non si esclude un attacco preventivo in caso di minaccia certa.
Anche il Primo Ministro Benjamin Netanyahu è intervenuto sulla questione e ha precisato la linea di condotta israeliana, parlando alla stampa dal confine nord tra Israele e Libano in caso di attacco di Hezbollah, organizzazione politica libanese e storico alleato di Hamas e dell'Iran: "Le conseguenze sarebbero distruttive sia per Hezbollah che per il Libano".
Preoccupazione crescente da parte degli Stati Uniti e dalla comunità internazionale
Gli Stati Uniti, e tutta la comunità internazionale, seguono con estrema attenzione l'evolversi della situazione in medio oriente e non nascondono la propria preoccupazione per il rischio di una guerra aperta, così come sottolineato un paio di giorni fa, in una intervista con Nbc news, dal segretario di Stato americano Antony Blinken, che vede il rischio di escalation in caso di coinvolgimento dell'Iran. Anche il presidente Joe Biden auspica un abbassamento dei toni cercando "percorsi di pace" che possano disinnescare la tensione nella regione, come discusso domenica pomeriggio in una breve telefonata con Papa Francesco.
Le parole rilasciate al quotidiano Abc da parte del Segretario della Difesa americano Lloyd Austin chiariscono che gli Stati Uniti cercano di evitare qualsiasi scontro, ma nel caso di minaccia o attacco diretto, la risposta sarà ferma "se qualche gruppo o paese sta cercando di ampliare questo conflitto il nostro consiglio è: non fatelo".
Intanto, secondo il cancelliere tedesco Olaf Scholz, non ci sono "prove tangibili che l'Iran abbia dato un sostegno concreto e operativo" all'attacco di Hamas del 7 ottobre. "Ma è chiaro a tutti noi" aggiunge Scholz, "che senza il sostegno iraniano negli ultimi anni, Hamas non sarebbe stato in grado di compiere questi attacchi senza precedenti in territorio israeliano".