È stato condannato all'ergastolo Antonio Martone, chef di bordo su navi da crociera accusato di aver ucciso il fratello Domenico di 33 anni, al fine di incassare i soldi della sua assicurazione che gli aveva fatto firmare. La sentenza di condanna ha quindi dato ragione al pubblico ministero di Torre Annunziata, Emilio Prisco.

I fatti risalgono marzo del 2022, quando Antonio Martone, 37enne di Sant'Antonio Abate, convinse il fratello a raggiungerlo in un luogo isolato in un fondo agricolo tra via San Paolo e via Casa Coppola, precisamente in un casolare di famiglia, in piena campagna a Lettere, in provincia di Napoli.

Con la scusa di aver dato appuntamento a due ragazze, l'uomo riuscì ad attirarlo in una trappola e a convincere il fratello minore Domenico, detto Mimmo, a seguirlo, ignaro che in quel luogo avrebbe poi trovato la morte. Le indagini, condotte dai carabinieri della compagnia di Castellammare di Stabia e coordinate dalla Procura di Torre Annunziata, hanno rivelato che il crimine è avvenuto all'interno della sfera familiare.

L’omicidio di Domenico Martone: era ancora vivo quando fu dato alle fiamme dal fratello Antonio

Stando a quanto emerso dalle indagini, infatti, Domenico Martone fu dapprima tramortito con un violento colpo alla testa, poi bruciato mentre era ancora vivo.

Il suo corpo ormai cadavere fu rinvenuto in una strada di campagna, semicarbonizzato, la sera del 30 marzo dello scorso anno. La sua identificazione fu possibile grazie al green pass in suo possesso, per puro caso risparmiato dalle fiamme.

Secondo gli inquirenti che hanno indagato al caso, l'omicidio fu organizzato nei minimi dettagli da Martone, il quale già un anno prima di mettere in atto il piano era riuscito a convincere il fratello a stipulare una polizza vita del valore di 400 mila euro. A quanto pare il suo intento era quello di incassare il denaro e fuggire in Asia con la fidanzata.

Contestata anche la premeditazione dell’omicidio

Dal lavoro delle forze dell'ordine sarebbero emersi dettagli inquietanti attorno al delitto di Mimmo Martone.

Pare, infatti, che l'imputato avesse ricercato sul motore di ricerca Google come uccidere un uomo e intascare i soldi dell'assicurazione. Un'evidenza che ha portato a far emergere anche la premeditazione del delitto. Pare che l'imputato avesse iniziato ad eseguire le ricerche nel 2021, andando avanti, dritto per la sua strada, fino alla settimana successiva al delitto.

Il piano, tuttavia, non è andato in porto in quanto ad incastrare Antonio sarebbero state le immagini delle telecamere di videosorveglianza che hanno consentito agli investigatori di ricostruire i suoi movimenti permettendo così il fermo del marittimo ora condannato al carcere a vita, come stabilito dalla Corte d'Assise di Napoli.

Un'altra prova contro l'imputato: cosa emerge dall'ordinanza del gip

Per il fatto di cronaca nera di cui si sarebbe macchiato Antonio Martone, ora condannato all'ergastolo, l'accusa a suo carico è di omicidio pluriaggravato. Nell'ordinanza con la quale il giudice per le indagini preliminari aveva convalidato il fermo dell'uomo, disposto dalla Procura, è presente un dettaglio importante che oggi appare come una ulteriore prova a scapito dell'imputato.

Gli inquirenti, nel corso delle indagini, avevano provveduto ad applicare delle microspie nell'auto dell'allora sospettato. Proprio mentre era a bordo della sua vettura l'imputato si sarebbe tradito da solo. "Se scampo anche questa, o faccio la botta o mi ammazzo solo io, o posso prendere il posto di Lupin", questa la frase che avrebbe contribuito ad alimentare ulteriormente i sospetti da parte delle forze dell'ordine che da tempo avevano puntato gli occhi su di lui.

Nel corso della sua requisitoria, prima della condanna all'ergastolo, il pubblico ministero aveva sottolineato come Domenico Martone, dal giorno del fermo, non avesse mai mostrato segni di ravvedimento, né abbozzato a una confessione rispetto ai fatti che gli sono stati contestati.