Ultima tappa mondiale per i Soul Savers. Fine di un minitour per la promozione della loro ultima fatica. Tra testi introspettivi, sonorità 'Gospel' e 'Blues', un viaggio nella mente inquieta ma affascinante di colui che si è scoperto poeta decadentista, sempre in bilico tra il peccato e la salvezza, tra il reale e l'onirico. Noi c'eravamo.
Alla fine restano bicchieri di plastica, energia e gli occhi lucidi per gli splendidi turbamenti provati.
E' tutto già finito? I bicchieri sono quelli lasciati a terra dalle oltre 3000 persone che ieri sera erano al 'Fabrique' di Milano, club esclusivo e blindatissimo posto in zona Mecenate, per l’unica data italiana dei Soul Savers. L’energia è quella dello show di questi 'Salvatori dell'anima', gruppo nato dalla necessità di David Gahan, cantante dei Depeche Mode, di ritrovare una propria dimensione personale ed una identità a quanto pare messa da troppo tempo in disparte dalla 'logorrea creativa' e dalle imposizioni artistiche di Martin Gore, fondatore dell'epica band di Basildon.
Il Concerto
Nessuna parola in italiano – solo un "Milanoooooouu!"– per dare totale spazio alla musica. Quasi due ore di concerto durante le quali l'ex 'maledetto' Dave ha dato, come sempre d'altronde, il massimo, ricambiato dall'entusiasmo e dall'amore esplicitamente comunicato da quella comunione di anime grate e fedeli al loro Dio che si auto-definiscono da più di 30 anni e non solo in Italia, 'Devotes', i devoti.
Il palcoscenico è scarno, essenziale. Ci sono solo tante luci colorate, nessun estro, nessuna creazione allucinogena in 'Led'. L'estetica è minimalista, ma poco importa perché è David che trasforma uno 'Stage' da mediocre in uno pieno di vitalità, movimentato ed acceso dalla luce che egli stesso emana. E' lui che mette caos, quel disordine che è preludio da sempre della perfezione. Fa tutto grazie al suo carisma come se fosse un mago.
Per la prima volta nella sua carriera accompagna i suoi musicisti suonando l'armonica a bocca. Le quattro coriste di colore riscaldano il timbro già possente di Mr. Gahan sottolineando egregiamente la base gospel-blues della maggior parte delle melodie. Mostra con orgoglio e un pizzico di esibizionismo un fisico in perfetta forma: balla, canta, manda in estasi le sue decennali 'Groupies' muovendosi sensualmente, facendo roteare il bacino in uno stile che ricorda a volte Elvis a volte Mike Jagger.
Incita il pubblico a fargli da eco (come se ce ne fosse stato bisogno). Si lancia in una ulteriore novità recitando il dolore struggente di 'Condamnation', piegandosi per alcuni minuti, come a voler pregare e contenere un profondo dolore esistenziale, come a voler chiedere perdono solo a Dio, a quello vero in cui egli crede, non a quello rappresentato della Corte composta da giudici umani ai quali dice: ' Datemi la sentenza, non mostrerò pentimento, soffrirò con orgoglio'. Nella scaletta di Mr. Steve, ingeniere del suono a cui stavamo accanto, c'erano scritte le canzoni che sarebbero state eseguite: quelle dell'ultimo album Angels&Ghosts ma anche 'Presence of God' (da 'The Light the Dead See'), 'Kingdom' (da “Hourglass”, 2007) e “Dirty Sticky Floors” (da “Paper Monsters”, 2003).
Il 'Nostro' alla fine ci ha regalato la beatitudine di riascoltare due songs memorabili dei Depeche Mode reperibili nell'album 'Songs of Faith and Devotion': 'Condamnation' durata per ben 11 minuti, e 'Walking in my shoes'.
Angels&Ghosts è un album che abbiamo enormemente apprezzato più dal vivo che ascoltandolo in CD perché molto più pieno di suoni: i bassi sono più presenti e i cori Gospel hanno fatto decisamente la differenza. Un ottimo lavoro sicuramente da acquistare, ma a cui mancava quel 'qualcosa' che ieri sera finalmente c'e' stato: una decisa virata uditiva, sfumature sonore pastello che si sono colorate in maniera intensa e toccante. Misticismo e psiche si sono uniti ieri a Milano per trasportarci in un viaggio emozionale che difficilmente dimenticheremo.