Chi, in “Blackstar”, vada in cerca di un rapporto logico tra le composizioni di “The Next Day” – ultimo disco pubblicato – e, per l’appunto, le canzoni del nuovo album, sicuramente apprezzerà le canzoni che sono state destinate alla zona finale del progetto di questo, purtroppo, ultimo lavoro di Ziggy. Il riferimento è ai brani Girl loves me“, “Dollar DayseI Can’t give Anything Away”. Queste composizioni conclusive, in effetti, segnano in qualche modo la continuità con il materiale che, circa tre anni fa, il Duca destinò alla pubblicazione. Detto questo, la novità stilistica è da ricercare nella prima parte del disco.

Infatti e probabilmente, è grazie proprio ai primi brani che il lavoro potrà essere segnalato come un Cd annoverabile fra le uscite più importanti del 2016. Vale la pena tener presente che, le sette composizioni presenti in “Blackstar”, fanno fatica ad accettare il titolo di canzoni. Sembrano piuttosto sette mini suite. Comunque signori, ci sta. È di David Bowie che si argomenta. Le sette composizioni sono complesse, cupe e sovrastanti l’impreparato ascoltatore. Ma, anche là dove ci si armi di un ponderoso volume di Storia del Costume e della Musica, risulta, l’ascolto, di valore impervio.

L’album Blackstar

“Blackstar”, in perfetta coincidenza col compleanno di Bowie, è stato pubblicato l’8 gennaio 2016All’ascolto, le danze – si fa per dire – sono inaugurate proprio da “Blackstar”, una composizione caratterizzata dalla cupezza fatta suono e parole; alle sue spalle il paesaggio è inafferrabile. Mistico. Dopo l’inizio cupo e gotico affidato alla title track, l’ascolto prosegue: è la volta di “Tis a pity she was a whore“. Il mistero aleggiante nel brano precedente sembra essersi allontanato. Si notano i colori quasi sgargianti dei fiati e certe irregolarità della linea compositiva; sicuramente c’è lo zampino inconscio delle origini artistiche di Bowie. L’ansia ritmica di questo brano porta e cedere il posto a quello che è – ‘legalmente’ verrebbe da dire – il brano di punta del Cd: “Lazarus”, semplice nella sua drammaticità.

Emozionante. Poi è la volta di “Sue (or in a season of crime)”; i tempi caratteristici della Drum’n’Bass, insieme al probabile tentativo del compositore di allontanarsi ancor più da sentieri musicali già battuti, ne fanno una composizione sicuramente impeccabile. Tuttavia, “Sue”, appare alienata dal materiale che lo precede: è un frammento bello ma lontano.

Lo stile compositivo del Cd

La prima parola che merita di entrare a pieno titolo nella poetica di “Blackstar” e ‘ricerca’. Tuttavia, nel caso del Duca Bianco, la ricerca si discosta da, è ovvio, quella che potrebbe far parte del modus operandi di un artista emergente pronto a usare la metodica come trampolino per raggiungere una propria originalità.

In David Bowie, il sentiero è tracciato, da ciò deriva, quindi, una particolare tipologia di ricerca: quella evolutiva. Come secondo e ultimo termine, sicuramente può trovare ospitalità, in questo discorso, il tema del jazz. Il movimento ritmico, sincopato che si respira in tutto l’album proviene da quella temperie culturale. Altri ‘sintomi’ in chiave jazz sono la presenza dei fiati, l’improvvisazione e, soprattutto, la presenza in “Blackstar” di musicisti jazz. “Blackstar”, va da se, e in particolar modo – questo anche da un punto di vista visivo – il video “Lazarus”, restano le ultime testimonianze artistiche di David Robert Jones, morto il 10 gennaio del 2016.