Movimenti di camera lenti, lentissimi. Primi piani intensi, dilatati, per distillare ciò che di umano e di vivo appartiene ancora a Cernobyl, 30 anni dopo. Il 26 aprile 1986 gli occhi degli abitanti di Pripyat furono catturati da una luce abbagliante, proiettata dal reattore numero 4 della vicina centrale nucleare. Fu l'inizio, inconsapevole e calmo, di una storia dell'anima umana, ricostruita dal premio nobel per la letteratura Svetlana Aleksievic nel suo "Preghiera per Cernobyl. Cronaca del futuro" (edizione italiana E/O).

Da questa raccolta di testimonianze dirette, il regista lussemburghese Pol Cruchten ha tratto un film, "La supplication (Voices from Chernobyl)", presentato in anteprima mondiale al Trieste Film Festival e che uscirà nelle sale il 26 aprile 2016, esattamente 30 anni dopo la tragedia. Se in questi decenni la natura ha riconquistato nell'area di Pripyat lo spazio che l'uomo le aveva sottratto; se la foresta che si accasciò al suolo, morta dopo essersi tinta di rosso, liberata da ogni giogo antropico è tornata a rivivere e ad ospitare alci, caprioli, cinghiali, volpi, linci, lontre, lupi, aquile, gufi e cicogne, la caleidoscopica carica interiore di chi 36 ore dopo l'esplosione abbandonò compostamente la sua vita, torna a ergersi di fronte alla storia.

Le autorità dissero che l'evacuazione sarebbe stata temporanea. Il tempo, invece, per vedove, madri e padri sopravvissuti ai figli, soldati, insegnanti e bambini, riservò una normalità taciuta, sovrastata dalla nevrotica ricerca della verità e delle responsabilità. Una ricerca ossessionata dalle cause ma ignara degli effetti. Questa normalità, intima e privata, impregnata di legami interrotti, di angoscia e paura, approda adesso sul grande schermo, ricongiungendosi definitivamente alla coscienza collettiva. Dati epidemiologici e statistici lasciano campo aperto al tempo vivo, il tempo del racconto e della confessione, della parola di uomini e donne che "sono stati i primi a vedere ciò che noi possiamo solo supporre. Più di una volta - a parlare è proprio lei, Svetlana Aleksievic - ho avuto l'impressione che io stessi annotando il futuro".