Otto. Otto come l’ottavo giorno che annuncia l’eternità nella simbologia cristiana. Otto come il numero di punte della rosa dei venti. Otto come una delle cifre dell’enigmatica sequenza numerica, che giocò un ruolo cruciale nel cult serial “Lost”. Ma adesso, otto anche come l’ottava pellicola diretta dal creativo Quentin Tarantino, un traguardo sottolineato persino nello stesso titolo del film.

The Hateful Eight, un incrocio tra il genere western, il giallo ed il thriller, si è già aggiudicato il premio quale miglior colonna sonora ai Golden Globe di quest’anno, grazie alla direzione orchestrale del mostro sacro Ennio Morricone ed è pure in lizza in alcune categorie dei prossimi Oscar.

Recensione

C’è da immaginarselo, lì, seduto davanti al suo tavolo da lavoro, con la tazza del caffè alla propria destra e le dita delle mani che scorrono sulla tastiera del personal computer, mentre vaga con l’immaginazione alla ricerca dell’inanellamento di parole più divertente, della situazione colloquiale più originale e della ricercatezza narrativa, per arrivare a disvelare “chi abbia ucciso in verità il maggiordomo”.

Il nuovo film diretto da Tarantino, eccezion fatta per l’aspetto esteriore, ha ben poco del western, andando più che altro nella direzione del giallo e del gioco delle parti. Effettivamente, in certi elementi ricorda vagamente “Il grande silenzio” di Sergio Corbucci; tuttavia, “The Hateful Eight” somiglia più ad un intrigo alla Agatha Christie, che ad una storia basata su un gruppo di uomini armati di rivoltella, fermo restando l’ambientazione e la grafica dei titoli di testa, e di coda.

Tutto molto bello. Il problema sta purtroppo nell’ eccessivo virtuosismo della sceneggiatura concepita dal regista di “Pulp Fiction”. Con il fine di affascinare, spesso e volentieri (soprattutto nella prima metà), le conversazioni messe in bocca ai personaggi si dilungano in esagerati e logorroici voli pindarico-lessicali a favore del piacere edonistico di Tarantino, ma a scapito della visione d’insieme, che ne è stata parecchio appesantita.

Indubbiamente, la regia è solidissima; alcuni snodi narrativi sono geniali, fuori dai canoni del racconto classico ed il formato in 70 mm da un'impeccabile risoluzione dei fotogrammi. Qui però, sembra che abbia un po’ troppo tirato la corda in merito al serrato affastellamento dialogico, incorrendo in molteplici tratti in veri e propri mal di testa della favella.

Oltretutto, i personaggi non hanno quel prodigioso carisma e non sono proprio indimenticabili come in “Kill Bill”, “Bastardi senza gloria” e “Django Unchained” (tralasciando l’istrionico ruolo di Jennifer Jason Leight). Lo stesso Samuel L. Jackson è, sì, stato bravo, eppure non ha brillato nelle vesti di protagonista; solitamente, dà il meglio di sé rivestendo la parte del comprimario.

Nonostante tutto, la colonna sonora composta da Morricone, dalle tinte horror-indagative, è accattivante ed a seguito della prima ora e mezza le vicende procedono in modo avvincente, attraverso una magistrale ricostruzione dell’aggrovigliato puzzle tarantiniano, sino a giungere ad uno sconvolgente climax finale, dove spicca la Leight, la quale assume delle connotazioni quasi “ladymacbethiane”. Magari, una sfoltita allo script sarebbe stata più che duopa. “The Hateful Eight”, quindi, è un film discreto, che di sicuro merita una visione, sfortunatamente pecca di troppa presunzione e non è fra il meglio del repertorio del regista originario del Tennessee.