Il lunedì non è più il giorno delle discussioni calcistiche. Dal 2000 a oggi, si contano quattordici edizioni del Grande Fratello e la prima del Grande Fratello Vip, l'evento televisivo più appassionante per le "casalinghe di Voghera" e non solo. Il format italiano, trasmesso da Canale 5, azzarda la socializzazione fra un certo numero di persone, rinchiuse in una casa secondo un canovaccio.
In studio, durante la diretta, una squadra di opinionisti si lancia nella piatta psicologia.
Nello spin off di questa stagione, l'ex calciatore Stefano Bettarini e l'ex pugile olimpionico Clemente Russo hanno offeso la show girl Simona Ventura. E via all'ira dell'italiano comune, che ha chiesto l'eliminazione dei due uomini o al massimo l'interruzione del programma. La televisione, ancora una volta, ha spiattellato una nuova categoria di mostri, disposta a tutto pur di ottenere successo. Basti pensare che, oltre a Bettarini e Russo, partecipano Pamela Prati e Valeria Marini, non proprio due dive da red carpet.
Ma come da copione, interviene il cinema a sottolineare l'orrore, a rievocare con le immagini quel regime di controllo del popolo che George Orwell ha narrato nello splendido 1984.
Reality, il film di Matteo Garrone con Aniello Arena
Luciano ha un talento da cabarettista. Quando lavora come pescivendolo o non si mette a vendere robot da cucina, è capace di strappare risate. Il pubblico lo convince a presentarsi ai provini per entrare nella casa del Grande Fratello. L'uomo accetta. La risposta della redazione tarda ad arrivare e Luciano, credendo di esser stato messo alla prova, comincia a comportarsi in modo bizzarro. Si sente controllato, come se fosse "realmente" in un programma circondato da spie e telecamere, e deve per forza far colpo sugli altri.
Matteo Garrone, regista di Gomorra e L'Imbalsamatore, ha tradotto gli effetti di un'ossessione (il Grande Fratello).
Per tratteggiare un mondo nevrotico, gli autori della pellicola non potevano che scegliere la chiave del grottesco. La comicità iniziale di Luciano si perde nel ghigno malefico, nella trasformazione di un personaggio semplice in una scheggia impazzita. Candidato al ruolo di inquilino della Casa, si ritroverà circondato da macchiette, molto simili a quelle viste sui canali del Biscione. La moglie, simbolo della ragione, proverà a riportarlo alle vecchie abitudini.
Un film che guarda dentro e vince fuori casa
Reality mostra i segni dell'incubo senza fine e del meta-cinema cupo. Ha una forza inesauribile e ha saputo rivelare le perversioni più comuni del duemila: la rincorsa alla notorietà e l'incapacità di accettare la propria normalità.
Aniello Arena, incarnazione del divo mancato, possiede la follia degli attori più geniali. Scelta azzeccata degli autori, che lo hanno pescato nella Compagnia della Fortezza nel carcere di Volterra.
Nel 2012, il film ha vinto il Gran Prix Speciale della Giuria al Festival di Cannes. In patria invece non ha avuto grande considerazione, forse perché non è consolatorio. Meriterebbe, visti i tempi, di essere recuperato.