Accolto con sonori fischi allo scorso Festival di Cannes ed in seguito vincitore del Prix de la mise en scène a Olivier Assayas, "Personal Shopper" è arrivato nelle sale italiane con tutta quell'aura di mistero a precederlo. E sui misteri identitari è incentrato il film del regista francese, e non è un caso che la scelta della protagonista sia ricaduta proprio su Kristen Stewart, che il regista aveva già diretto nel precedente "Sils Maria", film anch'esso incentrato su un gioco di identità.
Così è "Personal Shopper", un gioco di rimandi e citazioni letteralmente cucito sul corpo e sull'anima nuda di Kristen Stewart.
Una ghost story sulla costruzione di identità
Maureen, americana a Parigi, è un'ombrosa e gotica ragazza che vive isolata in sé stessa. Maureen è la personal shopper della capricciosa diva Kyra, che praticamente non vede mai. Così come non vede mai (se non attraverso Skype) il suo ragazzo Gary, che lavora per una multinazionale nello stato dell'Oman. Così come non può vedere il suo fratello gemello Lewis, scomparso prematuramente. La mancanza di un contatto significa per Maureen una trascuratezza nel vestire, una scarsa cura di sé, una personalità scialba e introversa imprigionata in una figura quasi spettrale.
Eppure Maureen maneggia ogni giorno oggetti della società contemporanea che non le appartengono, né in termini di proprietà né in termini di personalità. Eppure Maureen, pur non intrattenendo molti contatti visivi, è in grado di "sentire": ha in fatti il dono di mettersi in contatto con l'aldilà e le sue relazioni più profonde, per quanto difficili, le intrattiene con i "morti" piuttosto che con i vivi. Suo fratello Lewis aveva il suo stesso dono e i due si erano fatti una promessa: il primo a morire tra loro si sarebbe messo in contatto con l'altro. Maureen aspetta impaziente un segno dall'aldilà. Ma quando un misterioso stalker inizia a mandarle messaggi sul cellulare non è sicura si tratti di Lewis.
Tuttavia, attraverso di lui, Maureen inizia a diventare più coraggiosa lasciandosi convincere ad uniformarsi ai canoni della società crossmediale. Anche a costo di sentirsi ridicola o "non più sé stessa", Maureen si impegna a costruirsi una nuova identità...
Tra corpo e anima
Con "Personal Shopper" Assayas osa parecchio a costo di andare contro tutte le regole della narrazione: ridicolizza letteralmente tutti gli escamotage narrative preferendo piuttosto distribuire dei segnali che nascondono un significato criptico e oscuro e che lo spettatore deve saper cogliere. Perfino il discorso visivo perde di coerenza. Perché "Personal Shopper" è un film da "sentire" piuttosto che da vedere.
Pur avendo una retorica visiva che sembra vertere sul mystery con atmosfere che rimandano all'horror classico, "Personal Shopper" è invece ben altro.
Assistiamo infatti alla trasformazione di un personaggio che accetta le regole della cultura del corpo, rinunciando alla spiritualità. Ma così è davvero felice? Oppure si scopre ancora più fragile e piena di paure? E le voci che sente Maureen, i segnali che crede di cogliere, che crede provenire da Lewis...è davvero Lewis? O forse è solo Maureen?