La tenerezza è un film a cui non manca assolutamente nulla. E di un film tratto da un romanzo fortunato si ha sempre un po' paura: in questo caso il romanzo in questione è il best seller La tentazione di essere felici di Lorenzo Marone. Ma il nuovo film di Gianni Amelio, pur ispirandosi liberamente al romanzo di Marone, è molto attento e cauto nel cogliere lo spirito dell'opera originale. Ma da opera derivata fa molto di più, va ben oltre le aspettative e riesce nell'intento di creare un'opera in sé compiuta, che può esistere indipendentemente dal romanzo a cui si ispira.

La Tenerezza è un grande esempio di adattamento cinematografico

I personaggi sono nello stesso tempo personaggi nuovi e gli stessi del romanzo. Possono cambiare nome, aspetto o anche sfumature della loro personalità. Eppure basta poco per convincerci che sono davvero loro. Bastano gli occhi vispi di Renato Carpentieri e il sorriso sincero di Micaela Ramazzotti. Basat il dolore quotidiano di Giovanna Mezzogiorno o un improvviso scatto d'ira di Elio Germano e tutti i dubbi spariscono.

E con questo suo nuovo film Gianni Amelio ci offre una regia sempre tesa al superamento di sé stessa. In La Tenerezza non c'è soltanto la delicatezza e la forza di un classico come Ladri di Biciclette, c'è anche un gusto sobrio ed elegante nella rappresentazione degli interni, proprio di un Haneke o di un recente Bellocchio.

E agli esterni invece è riservato il ruolo di un dipinto che odora di tempere ancora fresche. Rivediamo le inquadrature portuali tanto care al Cinema del regista (Lamerica su tutti), ma troviamo anche una regia a suo agio in un territorio nuovo.

Un film sulla condivisione degli spazi

La Napoli esplorata da Gianni Amelio è lontana dal caos e dagli stereotipi (e qui verrebbe da dire che gli stessi personaggi rinunciano al loro lato più stereotipato).

E pullula di un passato storico, di quadro sociale e storia culturale. E tra le mura di questo passato si trovano a condividere gli spazi i personaggi del film, in una scenografia metaforica che regala al film un'impostazione quasi teatrale.

L'egoismo del piccolo uomo deve cedere al potere di un ambiente che non gli consente più di manifestarsi e lo costringe a fare i conti con il nuovo e con il vecchio. Il rammarico diviene la dominante fotografica e poetica dell'intero film, ma è un sentimento benevolo, che lascia ancora tempo e spazio ad una possibile rinascita.