In fine secolo scorso nel panorama d'avanguardia letterario italiano, Adriano Spatola con le sue teorie sulla nascente Poesia Totale o Elettronica, già Gruppo 70, e le sue opere verbovisive ha influenzato una intera generazione, anticipando il futuro. In realtà quel discorso appare tutt'oggi incompiuto, diluito nel duemila da velleitari ritorni alla Poesia che “salva la vita” o dalle nuove forme nascenti anche della Parola dopo Internet.
Uno dei protagonisti della stagione di Spatola fu certamente lo scrittore ferrarese Sergio Gnudi, sempre coerente anche ai giorni nostri con un reinvenzione poetico musicale di un certo Marcovaldo di Calvino. Nostra intervista esclusiva per Blasting News
Le Ballate da Marcovaldo
D - Gnudi, iniziamo dal futuro presente: ancora recentemente presso FabulaFineArt presentato il suo ultimo libro “Era ingenuo il suo sorriso...” (La Carmelina, a cura di F. Felloni), un approfondimento generale?
R –Grazie intanto per l’attenzione. Ben raramente qui a Ferrara ho ottenuto attenzione, ma probabilmente deve essere una mia manchevolezza.
Ma di questo magari parleremo nel prosieguo. Si, sarà presentata la mia ultima operetta a cui tengo particolarmente. Ma si dice sempre così delle proprie creazioni. “Era ingenuo il tuo sorriso” è spiegato, molto bene in realtà dal sottotitolo “Ballate da Marcovaldo”. E quando intendo Marcovaldo, mi riferisco proprio allo straordinario libro di Italo Calvino. Per spiegare meglio come sono giunto a cimentarmi con ballate così impegnative e a ricevere probabilmente critiche così generalizzate, bisognerebbe che raccontassi l’evoluzione o involuzione continua delle mie parole.
Qui basti dire che nasce da un lavoro prodotto per il palco da me e da un musicista astigiano, Beppe Giampà, con cui sto collaborando frequentemente.
Un prodotto che qualcuno definirebbe, sbagliando, reading, almeno per il semplice fatto che, nello spettacolo già presentato al palazzetto di Montegrotto Terme, otto ballate sono musicate e cantate, anche se introdotte da brevi brani di lettura. Volevo, con questo libretto chiudere il cerchio su un argomento, l’incoscienza del vivere, che mi sta molto a cuore e che Italo Calvino ha drappeggiato così meticolosamente. Il volume aveva però necessità di essere contaminato da un’altra arte: se nello spettacolo era subentrata la musica, la scrittura è stata accompagnata dai disegni con i quali Arianna Castellazzi ha centrato bene l’ambientazione che desideravo riproporre.
Questo è il decimo libro poetico che è stato pubblicato con il mio nome.
Forse troppi, ma senz’altro rappresenta la continua evoluzione del mio tentativo di fare poesia. Vorrei ricordare che solo dieci giorni fa, proprio alla galleria FabulaFineArt ne è stato presentato un altro, anch’esso relativamente fresco di stampa il cui titolo è "Sensazioni" e all’interno del quale provo a illustrare, con poesia raccontata o narrativa poetica, come si preferisce, le mie prime dieci idee di poesia.
Il ricordo di Adriano Spatola
D - Sergio, da molti anni attivo come scrittore, uno dei primi, fine secolo scorso, in città e non solo, sulla scia di certa poetica cosiddetta di “rottura” e d'avanguardia? Un breve autoritratto?
R –Si, sono attivo come scrittore da tanto tempo almeno leggendo la data del mio primo libro di poesia “Tra due fuochi” che è del 1981.
Ma in realtà ho pubblicato in quei primi anni ottanta, ancora laureando il lettere a Bologna, tre volumi poetici. Quello citato, poi "Scorie Padane" e infine "Iperbolia". E tutto si è chiuso nel 1984. Intendo dire che dal 1984 al 2007 nulla è uscita alla stampa dei miei prodotti. In quei quattro anni di intensa attività ho conosciuto Adriano Spatola che mi ha affascinato e conquistato. Mi aveva proprio colpito la sua idea di poesia “totale”, di poesia che ricerca e ribalta i valori semantici delle parole, ma che fa riflettere sulle parole stesse. Non voglio qui fare una apologia di Spatola, ma certamente c’era molto di lui nelle installazioni che ho curato a Ferrara a Casa dell’Ariosto nel 1982 e alla discoteca Le cupole di Tamara nel 1983.