Si dice che tutte le strade portino a Roma, ma non quella del novantunesimo Oscar per il miglior film, che attraversa gli Stati Uniti dei primi anni Sessanta da New York al profondo Sud, ancora schiavo della segregazione razziale. Vince Green Book di Peter Farrelly, a coronamento di un’edizione con diverse sorprese e che ha confermato la tendenza degli ultimi anni di una spartizione equilibrata dei premi senza una pellicola veramente dominatrice.

Il film, incentrato sull’amicizia fra un italo-americano del Bronx (con il volto di Viggo Mortensen) e un musicista, si porta a casa anche le statuette per la migliore sceneggiatura originale e per miglior attore non protagonista con Mahershala Ali.

Chi va a Roma non perde la poltrona, ma conquista tre Oscar

Roma (non la città eterna, ma un quartiere alto borghese di Città del Messico) può comunque consolarsi con tre Oscar: miglior film straniero, miglior regia e miglior fotografia. Questi ultimi due premi sono stati entrambi assegnati al messicano Alfonso Cuaron, che aveva già vinto la statuetta di miglior regista nel 2014 con Gravity.

Quello con Guillermo Del Toro, premio Oscar per la miglior regia nel 2018 con La Forma dell’Acqua, è un passaggio di consegne con un amico e connazionale. Non si ripete la doppietta Festival di Venezia-Academy Award, riuscita lo scorso anno proprio alla pellicola di Del Toro, ma questa tripletta di Roma rappresenta comunque un ingresso trionfale a Hollywood per Netflix, distributore del film.

Rami Malek is the Queen

Il film più premiato della novantunesima edizione degli Oscar è Bohemian Rhapsody, pellicola che celebra l’ascesa di Freddie Mercury e dei Queen. Rami Malek vince la sfida con il Dick Cheney di Christian Bale in Vice e fa suo il premio come miglior attore protagonista nel ruolo iconico del cantante della band britannica.

Le note di We Will Rock You e We Are The Champions, suonate dagli stessi Queen in apertura di serata al Dolby Theatre di Los Angeles, sono state un ottimo preludio alle statuette di miglior sonoro, montaggio e montaggio sonoro.

La sorpresa Olivia Colman

La Favorita, del regista greco Yorgos Lanthimos, aveva raccolto ben 10 nomination, ma il titolo non è stato esattamente propiziatorio. Tuttavia, quando sembrava destinato a restare a mani vuote, il film ambientato alla corte inglese di inizio Settecento ha messo a segno un colpo di coda vincente con il premio alla miglior attrice protagonista a Olivia Colman per la sua interpretazione della regina Anna Stuart. Grande delusione Glenn Close: la favorita non ha rispettato il pronostico.

Tre Oscar per Black Panther

Altra sorpresa la mancata vittoria, nella categoria migliori effetti visivi, per il cinecomic Marvel Avengers Infinity War, battuto da First Man, film spettacolare sulla corsa americana alla Luna. La casa fumettistica di proprietà della Disney può comunque consolarsi con i tre Oscar di Black Panther per miglior colonna sonora, costumi e scenografie. Ma la stessa Disney vede interrompersi il suo tradizionale dominio sui film d’animazione: l’Oscar 2019 va infatti a Spiderman: Into the Spider-Verse, prodotto dalla Sony.

Il primo Oscar di Spike Lee

Escludendo quello alla carriera del 2016, il celebre regista Spike Lee vince il suo primo Oscar, ma in qualità di co-sceneggiatore.

Il suo Blackkklansman vince infatti il premio alla miglior sceneggiatura non originale. Regina King si è invece aggiudicata l’Oscar alla miglior attrice non protagonista per il suo ruolo in Se la strada potesse parlare. Non è rimasto a bocca asciutta nemmeno Vice di Adam McKay, che ha conquistato la statuetta per il miglior trucco. A Star is Born di Bradley Cooper è il grande deluso della serata e deve accontentarsi solo del premio alla miglior canzone, assegnato a Shallow di Lady Gaga.