Il romanzo dal titolo Sangue e latte dell'autore abruzzese Eugenio Di Donato è uno di quei Libri che si legge tutto d'un fiato. Edito dalla Doctor Sax (uscito il 24 aprile 2020), è inserito nella collana Crazy Diamonds ed è arricchito dalla copertina d'arte realizzata da Riccardo Cecchetti.

Fa parte dei libri che raccontano storie di uomini che, dopo eventi traumatici, hanno la forza di reagire e attraverso l'aiuto di un terapeuta, ripercorrono la loro vita, gli schemi imposti, la crescita, l'evoluzione, l'involuzione e infine il cambiamento.

Un evento traumatico segna per sempre la vita del protagonista

Ludovico Travagli è il protagonista di questo romanzo breve e intenso, scritto in modo diretto con un linguaggio molto ricercato e comunicativo.

Lo scrittore non ha filtri nel raccontare attraverso i suoi occhi il suo vissuto.

Una storia, quella in Sangue e latte, all'apparenza facilmente accomunabile a tante altre, ma il suo racconto è molto più interessante, parla di un periodo storico ben delineato, di una delle generazioni che ha vissuto più cambiamenti e parla di sé, del suo dramma, delle sue debolezze, dei limiti, della sua introversione, delle vessazioni subite, di un rapporto di coppia infruttuoso e della sua non famiglia.

La perdita del figlio spacca in mille pezzi Ludovico

La morte di suo figlio Tiziano traccia la linea che porterà il protagonista a compiere una profonda regressione, a mettere in discussione in primis la sua persona e poi tutto quello che lo ha circondato o che nel corso della sua vita gli è passato accanto come un fantasma.

‘Ho lasciato il lavoro di ingegnere, l’invocato contratto a tempo indeterminato. Cinque anni fa è morto nostro figlio. Nato morto recita il referto dell’ospedale.’ La prima parte del romanzo inizia così.

Il lettore viene messo subito dinanzi al fatto più tragico che si è verificato nella vita di Ludovico. Cresce in un piccolo paesino dell’entroterra abruzzese, Castelli in provincia di Teramo. È nato nel 1976, solo coloro che sono nati a cavallo tra gli anni '70 e '80, possono capire cosa significa crescere in un paese di montagna dove non ci sono spiragli, ma solo voragini dalle quali si viene risucchiati. La famiglia che spinge a studiare, perché chi non ha un titolo non è nessuno, ma la scuola prende a schiaffi perché è piena di figli di avvocati e ingegneri e gli schemi di una società bigotta e conformista risucchiano l’anima.

Il primo figlio di genitori divorziati

Ludovico è uno dei primi figli frutto di un divorzio guadagnato dal coraggio della madre, ma nonostante tutto la mancanza di comunicazione c’è stata ugualmente nella sua vita. I figli imitano i genitori e lui ha fatto così con Agata la sua ragazza. Lui l’ha amata così tanto, da non poter restare più al suo fianco dopo la morte di Tiziano. La laurea, il dottorato, il lavoro a tempo indeterminato il protagonista aveva seguito ogni schema imposto ma soffocava.

Nella seconda parte del romanzo l’ingegner Travagli incontra Bertamè lo psicoterapeuta, ‘quando parla soppesa le parole, le sceglie, e i concetti più complessi e nebulosi diventano in quella stanza cristallini.’ Ludovico si chiede cosa vuole da se stesso e si rende conto che solo lui più rispondere a questa domanda.

Sangue e latte nel suo vernacolo significa ‘diventa uomo’.

Il coraggio di parlare e rompere gli schemi

Si impara a rimanere in silenzio per paura di essere giudicati. Ci nascondiamo e smettiamo di confrontarci perché è più facile l’assenza di rumore, tanto è così che le cose devono andare. L’insoddisfazione però fa male nel lungo periodo e non solo a sé stessi ma anche alle persone che ci sono vicine, allora Ludovico trova la strada per rompere gli schemi e ammette le colpe, spazza via i fantasmi, lascia il lavoro a tempo indeterminato e ricomincia a vivere.

Così abbatte il muro dell’introversione, delle aspettative altrui, del pregiudizio, delle sofferenze, delle violenze subite in età infantile, dei desideri profondi inespressi e cambia la sua storia.