Da oggi l'energia elettrica non è più un bene primario, come l'acqua, il pane o il latte. E, quindi, non verrà più considerata indispensabile alla vita. Questa, in sintesi, la decisione della Corte di Cassazione . Decisione destinata, quasi sicuramente, a generare una notevole scia di polemiche sia a livello politico che di società civile. La conseguenza immediata di una tale decisione è, infatti che, d'ora in poi, non sarà più possibile invocare lo stato di necessità per giustificare un eventuale allaccio abusivo alla rete elettrica.

Il caso che ha portato alla sentenza

I supremi giudici si sono trovati di fronte ad un ricorso per furto di energia proposto da una donna pugliese che lamentava, a titolo di attenuante, di essere disoccupata, con uno sfratto esecutivo in corso e, per di più, con una figlia incinta a carico. La Corte, in sintesi, ha rigettato il ricorso proposto dalla donna fondamentalmente perché, a suo insindacabile giudizio, la disponibilità di energia elettrica procura degli "agi e delle opportunità", ma la sua mancanza non mette in pericolo l'esistenza stessa della persona.

Le motivazioni della sentenza nel dettaglio

Nella sentenza n°39884, appena depositata, la Cassazione ha evidenziato che perché possa eccepirsi lo stato di necessità, come richiesto dalla ricorrente, è indispensabile che sia presente e attuale almeno la possibilità di un danno grave alla persona tale che possa essere superato o alleviato soltanto attraverso la commissione dell'atto penalmente illecito. Nel caso in oggetto, lo stato di bisogno economico non giustifica, quindi, la commissione del reato di furto di energia. Anche perché il consorzio sociale offre la possibilità di ovviare allo stato di bisogno senza ricorrere a atti penalmente rilevanti.

Dagli atti, infatti, risultava mancante il presupposto di incoercibile necessità necessario per non emettere la condanna.

Invece, si era appurato chiaramente che l'energia elettrica veniva utilizzata per mandare avanti i numerosi elettrodomestici presenti nell'abitazione della donna. I supremi giudici hanno quindi confermato l'interpretazione della Corte di Appello di Lecce, confermando la condanna per il reato di furto di energia attraverso allaccio abusivo. Inoltre la signora, di cui si conosce il nome, Concetta, è stata condannata anche al pagamento di 2 mila euro alla cassa delle ammende per motivi di ricorso pretestuosi.