La speculazone si è definitivamente abbattuta sulla Turchia, con il crollo della valuta nazionale, la lira, ed un esponenziale aumento degli interessi che lo Stato deve pagare sul proprio debito pubblico. Ma c'è chi ci guadagna.

Dagli amici mi guardi Dio che dai nemici mi guardo io

Così deve aver pensato Erdogan, dopo che Trump, decidendo prima alcune sanzioni a due politici di primo piano turchi e poi il raddoppio sui dazi d'importazione dell'acciaio turco, in risposta alla carcerazione di un pastore evangelico americano.

Questo è stato il colpo finale che ha innescato la speculazione di questi giorni, con una fuga precipitosa degli investitori dal mercato finanziario turco. Il che rappresenta poi il culmine di una deriva che va avanti da anni e che si è accentuata con il tentato golpe del 2016.

Da quel momento Erdogan ha inanellato una sequela di errori, ponendo alla guida del ministero delle Finanze il genero, e riservandosi, con la riforma costituzionale, il diritto di nominare personalmente il governatore della Banca centrale che, di fatto, è stata assoggettata al potere politico.

In tale ambito, egli si è ostinato ad impedire che i tassi di riferimento fossero alzati per bloccare l'inflazione che ormai, è al 15%

In una situazione deteriorata c'è chi ci guadagna

Oggi la Turchia ha un debito con l'estero pari al 35% del Pil e riserve valutarie striminzite di poco più di 100 miliardi di dollari, con titoli di Stato in scadenza per circa 70 miliardi. Ma ovviamente, come sempre in borsa, se c'è chi ci perde, c'è anche qualcuno che ci guadagna, come per esempio Deutsche Bank, la quale approfittando del crollo dei mercati emergenti innescato dalla crisi turca ha realizzato negli ultimi tempi un guadagno netto di 35 milioni di dollari sui titoli a reddito fisso di questi mercati.

Un team ad hoc che guadagna sulle perdite

Una gola profonda interna all'azienda, ha infatti dichiarato che un team creato apposta ha realizzato, agendo sui mercati dell'Europa centrale ed orientale, nonchè sui mercati del Medio Oriente e Africa, più di 10 milioni di dollari solo il 10 di agosto, giornata nera per la lira turca. Il totale realizzato questo anno pare si aggiri intorno ai 135 milioni di dollari, mentre il team che si occupa del credito, capeggiato da Niru Raveendran, che precedentemente aveva lavorato per J.P.Morgan e BNP Paribas, ha realizzato un surplus di 45 milioni di dollari attraverso il commercio di obbligazioni e derivati legati ai mercati emergenti.