Per la serie BlastingTalks intervistiamo l’amministratore delegato di Education First, Natalia Anguas. EF fornisce ai cittadini globali opportunità di formazione che cambiano davvero la vita. Da oltre 50 anni la società dà fiducia e libertà a persone di qualsiasi età, nazionalità o preparazione trasformando i sogni in opportunità internazionali.
Blasting Talks è una serie d'interviste esclusive con business e opinion leader nazionali e internazionali per capire come la pandemia di coronavirus abbia accelerato il processo di digitalizzazione e come le aziende stiano rispondendo a questi cambiamenti epocali.
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Partiamo raccontando ai lettori com’è nata EF e quale missione si pone all’interno del mercato della formazione e crescita personale?
EF è nata nel 1965 in Svezia dall’intuizione di un giovane studente universitario, Bertil Hult. In quell’anno ha realizzato la prima vacanza studio a Brighton in Inghilterra per un gruppo di studenti amici della sua scuola superiore. L’azienda è nata con un investimento iniziale di 700 dollari. Ancora oggi è di proprietà della stessa famiglia e gestita con una presenza globale di uffici e scuole in 54 paesi.
Raccoglie 50mila dipendenti in 600 uffici.
Dal punto di vista pratico, quali sono le richieste che vi fanno le persone interessate alla vostra attività?
La missione è di aiutare le persone ad aprirsi grazie alla formazione, nella speranza che il mondo possa diventare un posto migliore. Una conseguenza del fatto che ciascuno di noi possa capire meglio gli altri. Oltre ad apprendere le lingue, c’è il plus d'imparare a comunicare tra di noi e vivere meglio tutti insieme. I nostri programmi sono pensati per avvicinare le persone e aiutarle a scoprire ogni giorno qualcosa di diverso. Conoscere persone nuove. Viaggiare in consapevolezza. Perché ovviamente con un corso destinato ai ragazzi di otto anni e della durata di due settimane non si può pensare di tornare bilingue.
Ma si può conquistare la maturità e la sicurezza che è in grado di offrire il fatto di viaggiare da soli quando si è così piccoli.
Ci può parlare dei vostri percorsi formativi?
Come anticipato, tutto comincia con il primo viaggio organizzato dal fondatore attraverso una vacanza studio. Si è quindi passati ai gruppi formati da bambini e ragazzi. Dopodiché abbiamo fatto la stessa cosa con le partenze a livello individuale e anche con attività destinate agli studenti delle scuole superiori. Si sono aggiunti successivamente anche percorsi di scuola superiore dove è possibile ottenere l’IB International baccalaureate, che viene riconosciuto sia in Italia che all’estero. C’è anche la possibilità di ottenere l’American High School diploma, dove viene riconosciuto l’anno scolastico negli Stati Uniti, in UK o anche in Irlanda.
Abbiamo inoltre programmi linguistici di durata flessibile per gli studenti universitari e per gli adulti. Infine ci sono i corsi executive per professional manager. Oltre ai programmi per ragazzi alla pari e anche una business school.
Per quanto riguarda invece l’organizzazione interna e i vostri dipendenti, quali sono i profili delle persone che lavorano con voi?
Sono in questa azienda da 17 anni, è tantissimo tempo. Ho cominciato a 30 anni e ora ho 48 anni. Ma fin dall’inizio ho visto un’azienda molto stimolante e divertente, e anche in evoluzione continua. Poi dipende dalla motivazione che ha lo staff. Quest’ultimo viene selezionato con molta cura. Devono essere persone di talento. Devono andare incontro ai valori dell’azienda ed essendo il nostro un contesto molto internazionale devono essere giovani, aperti e dinamici.
Ovviamente ci sono tantissime opportunità in EF di lavorare in tutto il mondo e in diversi settori. Si va dal general manager ai sales, dal settore finanziario all’internet customer service.
Quali sono invece i requisiti da possedere?
Come requisiti è richiesta una formazione universitaria in ambito socioeconomico, linguistico turistico. Abbiamo anche figure legali e tecniche. Serve un’ottima conoscenza dell’italiano e dell’inglese (in Italia). Molto entusiasmo, dinamicità, leadership e anche autonomia, perché è un’azienda meritocratica, ma anche dove hai autonomia. L’età va dai 24 ai 35 anni. E soprattutto è indispensabile possedere la capacità di lavorare in team.
Qual è stato l’impatto della pandemia e com’è cambiato il vostro modo di operare in questo periodo?
All’inizio della pandemia noi in Italia avevamo 15mila studenti in partenza.
L’impatto è stato molto forte. Ma grazie alla dinamicità e alla flessibilità della nostra struttura è stato possibile gestire i problemi molto velocemente. Siamo stati in grado di rimodulare velocemente l’offerta e l’organizzazione attraverso il web. Ma la voglia di viaggiare c’era e a giugno 2020 i nostri clienti hanno ripreso le partenze. E in tutti i nostri campus (che sono di proprietà) abbiamo implementato accurati protocolli di prevenzione secondo la legislazione locale. Così facendo, abbiamo fatto sì che tantissimi ragazzi siano riusciti comunque a viaggiare. Ovviamente c’è stato tutto un grosso lavoro dietro, non solo nel 2020 ma anche nel 2021, dove il numero degli studenti in viaggio è stato ancora più elevato.
Può dare qualche consiglio ai lettori interessati a una vacanza studio o a un’esperienza formativa di scambio culturale all’estero?
Prima di tutto consiglio di non avere timore e di provare a uscire dalla propria comfort zone. Ma anche di essere curiosi e di non lasciarsi condizionare dai preconcetti. Nel mondo in cui siamo dobbiamo fare ogni giorno qualcosa di nuovo, conoscere persone. E suggerisco di darsi degli obiettivi realistici. Io consiglio anche un po’ ai genitori di lasciar vivere i figli, perché un’esperienza all’estero non solo è ottima per la parte linguistica, ma anche per la maturità della persona.
Quali sono le principali difficoltà che un vostro studente si trova ad affrontare durante il proprio soggiorno all’estero e quali aspetti positivi riportano al rientro in Italia?
Le difficoltà principali sono legate (in Italia soprattutto) al cibo, perché qui si fa da mangiare molto bene e quando si arriva in Inghilterra o in America su questo aspetto ci possono essere delle difficoltà.
Poi ovviamente le distanze che ci sono in America non sono le stesse che abbiamo qui. Le persone vivono a un’ora dal centro. Gli spazi sono molto più ampi e anche questo può avere un impatto. E poi di nuovo, per i giovani, c’è anche il fatto che non c’è sempre la mamma a fare tutto. Ma questo è un ulteriore aspetto che spinge verso la crescita personale. Tra gli aspetti positivi, oltre a poter parlare una lingua, anche conquistare una marcia in più rispetto ai coetanei. Gli studenti al rientro sono più maturi e responsabili. Infine, nel CV si può inserire di aver fatto un’esperienza all’estero. Insomma, un viaggio di questo tipo può veramente cambiare la vita.
Parliamo del futuro. Come cambierà a suo parere il settore dei viaggi studio nei prossimi anni e quali saranno i nuovi trend?
Sicuramente sta aumentando molto la consapevolezza rispetto all’importanza di studiare all’estero.
Un fatto che deve diventare quasi un presupposto fondamentale per la formazione dei giovani. Ma anche per l’aggiornamento degli adulti perché abbiamo, ad esempio, persone che decidono di andare a Malta per sei mesi per studiare l’inglese.
Rispetto a questa tematica, può fare qualche esempio specifico?
Si comincerà sempre prima a viaggiare. Se in precedenza il primo viaggio avveniva a 13 anni, adesso a 8 o 9 anni i genitori mandano i propri figli all’estero. Stiamo avendo tantissime richieste di programmi con stage in aziende e corsi specifici per la professione. E molte richieste stanno arrivando verso le zone un po’ più esotiche, come Cina, Corea e Giappone. Ovviamente, anche se il mondo sta cambiando, adesso tutto è disponibile anche online.
Ma le persone hanno ancora bisogna di viaggiare. In questo senso, secondo me, le cose non cambieranno perché l’esperienza non potrà essere sostituita dalla realtà virtuale. Bisogna immergersi in un posto per conoscere la cultura.