È ripreso in questi giorni, dopo l'interruzione a causa dell'epidemia da Covid-19, il restauro di uno dei massimi capolavori di Michelangelo Buonarroti, la 'Pietà Bandini'. I lavori al famoso complesso scultoreo erano iniziati già lo scorso anno nel novembre 2019. Ora, dopo mesi di stop, da lunedì 21 settembre, per chi lo desidera, vi sarà la possibilità di accedere al cantiere di restauro, presso lo stesso museo, con speciali visite guidate, massimo cinque persone alla volta, in presenza dei restauratori e degli esperti dell'Opera di Santa Maria del Fiore.

L'organizzazione no-profit Friends of Florence, la soprintendenza fiorentina e l'Opera di Santa Maria in Fiore, hanno aperto infatti i propri laboratori nell'intento di offrire l'opportunità al pubblico di vivere da vicino le delicate fasi del restauro ed ammirare l'opera.

Il velo opaco del tempo sulla 'Pietà'

Sotto uno spesso strato di depositi di polvere misto a cere, accumulatesi e modificatesi in oltre 470 anni di vita, si cela la magnificenza di un'opera nata dal genio e dal tormento interiore di Michelangelo Buonarroti che iniziò a scolpirla nel 1547. La pulitura della superficie, già finita sul retro del gruppo scultoreo e in fase iniziale sul davanti, sta riportando alla luce le cromie frutto di precedenti trattamenti del marmo.

Accurati test diagnostici hanno aiutato gli esperti restauratori nella scelta dei metodi di ripulitura dell'opera marmorea evitando qualsiasi rischio di arrecare danni; l'acqua calda deionizzata è risultato essere la tecnica più appropriata.

La storia di un'opera nata da un particolare travaglio interiore

La 'Pietà' fu concepita da Michelangelo Buonarroti nel momento in cui egli, non senza enorme turbamento interiore, cominciò a sentire l'incalzare del Tempo, a farsi ricorrente il pensiero della morte e della propria sepoltura.

Nonostante fosse già molto ricco e popolare, Michelangelo viveva in umiltà (si dice fosse anche avaro, ma dotato di grande senso religioso) e negli ultimi anni i suoi lavori si incentravano spesso nella rappresentazione della Pietà

In una testimonianza dell'artista suo contemporaneo e grande amico Vasari,si racconta che questi una sera andò a casa dello scultore a trovarlo, ma il Buonarroti, geloso ed insicuro, evitò accuratamente di mostrargli l'opera ancora in fase di lavorazione.

Michelangelo modificò ripetutamente il progetto; la posizione delle gambe di Gesù fu motivo di continui ripensamenti. e rifacimenti. La situazione precipitò quando, durante una delle modifiche, una parte del marmo andò in frantumi. L'artista colto da rabbia violenta, iniziò a colpire l'opera, lasciando segni rovinosi visibili ancora oggi.

La scultura fu venduta nel 1561 all’artista Francesco Bandini (da qui il nome dell’opera) e in seguito venne restaurata in parte dal suo allievo Tiberio Calcagni, ma fu un lavoro non all'altezza del genio originale. Cosimo III de’ Medici fu l'acquirente successivo fino al Novecento quando venne definitivamente destinata al Museo dell’Opera del Duomo.

Una rappresentazione fortemente drammatica

La peculiarità di questo capolavoro sta nella rappresentazione fortemente drammatica dei personaggi che circondano Cristo.

Il momento in cui Gesù viene liberato dalla Croce per le mani della Madonna e dei discepoli, per essere poi essere posto nel sepolcro, è raffigurato da Michelangelo con angoscia palpabile, quasi come se la consapevolezza della resurrezione fosse assente e non fosse comunque motivo di serenità. La constatazione drammatica della morte è dunque il tema predominante nella struttura piramidale del gruppo marmoreo in cui il corpo esanime di Gesù pare letteralmente scivolare tra le braccia dei personaggi tra cui spicca Nicodemo, in alto, soggetto nel quale lo stesso Buonarroti si sarebbe autoritratto.

Per chi vorrà a partire da lunedì 21 settembre sarà possibile ammirare, su prenotazione, questo frutto del genio michelangiolesco presso il museo Dell'Opera del Duomo di Firenze.