Inaspettato: il pc a Scuola non aiuta ad imparare. Lo scrive oggi La Stampa riprendendo un rapporto dell’Ocse che ha messo in relazione l’utilizzo del pc e, più in generale, delle nuove tecnologie, ed i risultati, in termini di apprendimento e di competenze, ottenute dagli studenti quindicenni di una scuola di Pisa.
Mentre in Italia si cerca affannosamente di ridurre il gap con gli altri Paesi europei nell’utilizzo di internet e delle tecnologie, obiettivo messo nero su bianco anche nella Buona Scuola del Governo Renzi, i risultati disattendono le attese.
L’accresciuta dotazione dei device elettronici e la connettività non è sufficiente. Le classi, in buona parte, hanno i computer, i tablet e le lavagne interattive ma, ad esempio, le aule non sono connesse tra di loro per dialogare in rete.
Il registro elettronico in classe: funziona?
Capitolo a parte meriterebbe l’utilizzo da parte degli insegnanti del registro elettronico: è presente e funziona? Viene utilizzato?
Gli insegnanti fanno sapere che in parecchie scuole manca la connessione alla rete. E questo è il problema principale. Poi, una volta introdotto nella classe e con la banda larga a pieno regime, si fa presto ad imparare a scrivere voti ed assenze.
I risultati didattici e di apprendimento degli alunni nell’utilizzo del pc a scuola
Ma, al di là di questi altalenanti risultati, i miglioramenti per gli alunni sono scarsi. E non solo in Italia: gli stessi test fatti negli altri Paesi europei hanno mostrato le stesse tendenze. Le nuove tecnologie non portano a incrementi apprezzabili delle conoscenze linguistiche, scientifiche e matematiche.
In più, l’utilizzo intensivo del pc a scuola produce risultati peggiori di chi ne fa un utilizzo moderato. E, infine, le tecnologie non riescono a ridurre il ritardo degli alunni socialmente meno avvantaggiati. Anzi, paradossalmente, producono l’effetto contrario, ovvero quello di portarli ad un maggiore isolamento.
E alla fine sotto accusa ci finiscono i docenti: dovranno cambiare modo di insegnare?
Quindi le nuove tecnologie danno risultati modesti, se non negativi. La risposta potrebbe essere tutta racchiusa nella qualità dell’impiego, nella didattica. La rete offre l’occasione di innovazione, di rivedere il modo di insegnare. Ma è necessario abbandonare i vecchi schemi didattici, incoraggiare la condivisione attiva e critica degli alunni, introdurre una diversa capacità di ricercare, stabilire nuove relazioni, in una frase “imparare ad imparare”. Ma in questo percorso, gli insegnanti dovranno rinnovarsi radicalmente nel loro modo di insegnare. Alla fine, se il giusto appeal alle Ict e i risultati dovessero rivelarsi uno spreco, a qualcuno bisognerà pur dare la colpa. E a chi se non ai docenti che in questo processo epocale appaiono sempre più come inermi traghettatori?