Gli studenti della scuola italiana potrebbero essere divisi per livelli, partecipando a lezioni differenziate a seconda della propria bravura. È questa la generica interpretazione ad una recente nota del ministero dell’Istruzione, datata 11 dicembre 2015, che introduce percorsi di apprendimento differenziati, con la conseguenza di raggruppare gli alunni in “bravi” ed “asini”. Due sono le novità principali contenute nella circolare indirizzata ai dirigenti scolastici: la prima riguarda la possibilità di poter ipotizzare una diversa distribuzione delle ore di lezione di ciascuna materia nella predisposizione del nuovo Piano triennale dell’offerta formativa (Ptof).
In tal modo verrebbe rotta la consueta rigidità dell'orario scolastico che, quindi, andrebbe articolato in moduli. La seconda novità è relativa, invece, all'organizzazione della didattica: la circolare ministeriale, infatti, prende in considerazione la possibilità di disporre le classi in gruppi di livello.
Circolare ministero dell’Istruzione ai presidi: libertà ore materie e didattica
In altre parole, se da un lato il documento del ministero rivoluzionerebbe i metodi di apprendimento degli studenti offrendo la scelta di concentrare le ore di una determinata disciplina in un quadrimestre e di impegnarsi maggiormente sulle altre nel successivo, dall’altro le lezioni seguirebbero una diversa organizzazione decisa dallo stesso docente.
Sarebbe quest'ultimo, infatti, a stabilire il tipo di lezione da svolgere a seconda del livello del gruppo designato, fuori o dentro la classe, nelle ore di lezione od oltre.
Classi differenziate a scuola, il modello anglosassone
Il metodo è già utilizzato nella scuola anglosassone dove le lezioni differiscono in base alla bravura degli alunni: ad esempio, chi è capace in matematica finisce nel livello “top set” e dedica maggiori energie a questa materia; chi è più indietro viene collocato nel “bottomset”. Con questo sistema, un alunno può essere tra i più bravi in una disciplina, ma rientrare tra gli ultimi di un’altra. Il Corriere della Sera di oggi confronta i diversi pareri di chi è favorevole e chi è contrario a questo meccanismo.
Capofila dei contrari è Raffaele Mantegazza, professore di pedagogia all’Università Bicocca di Milano. Uno dei più accesi sostenitori del metodo anglosassone è, invece, Giuseppe Bertagna che insegna la stessa disciplina all’Università di Bergamo.
Scuola, classi suddivise per livello: i pro e i contro
Per il primo un intervento di spaccatura delle classi non favorirebbe il recupero degli studenti che stanno più indietro perché non si socializzerebbe il sapere. Socializzare implica un percorso di crescita democratica per il quale chi è più bravo si mette a disposizione di chi è meno bravo. Di diverso parere Giuseppe Bertagna per il quale, invece, proprio questo sistema favorirebbe l’integrazione perché consentirebbe ai docenti di regolare le lezioni non sul programma, ma sui bisogni di ogni singolo alunno.
Il compito di socializzare il sapere, secondo il sociologo, ricadrebbe proprio sugli insegnanti che dovranno essere capaci di guidare l'organizzazione dell’apprendimento. “A cosa serve un eccellente matematico – riflette Bertagna – se poi non è un buon marito, papà o cittadino?”.