Il datore di lavoro deve sempre predisporre adeguate misure di sicurezza. L’adozione di tali misure preventive da adottare infatti non serve solo a rendere salubri e sicuri i luoghi di lavoro, ma mira anche a ridurre al minimo possibile l'esposizione dei lavoratori a tutti rischi connessi nell'attività lavorativa compreso quello di contrarre una malattia professionale. Tali accorgimenti servono a che il datore di lavoro non incorra in nessuna responsabilità che comunque va circoscritta esclusivamente a quegli infortuni che risultano prevedibili e che quindi il datore di lavoro poteva più facilmente evitare.
La magistratura con due recenti sentenze si è occupata del tema della sicurezza sul lavoro individuando delle ipotesi in cui l'adozione di misure preventive idonee a garantire l'integrità psico-fisica del lavoratore esclude di fatto una condanna del datore di lavoro al risarcimento dei danni causati al dipendente.
Il dipendente che lavora senza cuffie va sempre risarcito
La Corte di Cassazione, con la sentenza n 7125/2016, ha confermato la responsabilità di un datore di lavoro per l'ipoacusia contratta da un lavoratore che aveva lavorato in una sala macchine di una motonave senza cuffie idonee ad attutire il rumore.
Il lavoratore si è quindi rivolto in Tribunale, chiedendo la condanna del datore di lavoro al risarcimento del danno biologico patito a seguito delle contratte infermità. Il Tribunale ha però rigettato il suo ricorso, ritenendo non provata l’esistenza di un rapporto di causalità tra il danno all’integrità psico-fisica e la mancata adozione di specifiche misure di sicurezza. Il lavoratore ha quindi fatto ricorso in Corte d’Appello che in parziale riforma della sentenza impugnata, ritenendo la sussistenza del nesso di causalità tra l’attività lavorativa da esso espletata e le varie patologie contratte ha condannato il suo datore di lavoro a 151.256 euro, posto anche che non tutte le motonavi sulle quali il lavoratore aveva lavorato erano munite di misure protettive adeguate.
Il giudizio è finito in Corte di Cassazione che ha evidenziato che l’utilizzo di altri sistemi di sicurezza non elimina certamente l’obbligo principale di sicurezza di cui all’art. 2087 c.c.. I giudici di legittimità hanno sottolineato infine che dalla responsabilità del datore di lavoro sono esclusi solo quei comportamenti abnormi ed imprevedibili del lavoratore che recidono il nesso causale tra misure di sicurezza e danno.
Il datore non è responsabile per l'operaio distratto
La Suprema Corte con la sentenza n.8883/16, ha invece affermato il 'principio di auto responsabilità dei lavoratori quando il datore di lavoro ha adempiuto a tutte le obbligazioni che si riferiscono alla sua posizione di garanzia.
In tali ipotesi egli non risponde dell’evento derivante da una condotta colposa del lavoratore, non avendo un obbligo di vigilanza assoluta nei riguardi dello stesso. Il caso sottoposto all’attenzione della Cassazione ha riguardato un lavoratore, che si era recato per un sopralluogo, presso un capannone dove avrebbe dovuto montare dei faretti sulle pareti attraverso un elevatore. A conclusione del sopralluogo, il dipendente nell’esecuzione dei lavori era caduto infortunandosi gravemente.
I giudici del Tribunale, dopo il ricorso del lavoratore, gli hanno però dato torto ritenendo che quei lavori potevano essere svolti dall’elevatore. Di diverso avviso la Corte d’appello, che ha condannato invece i datore di lavoro e il Rspp per aver omesso di predisporre i necessari apprestamenti di sicurezza.
La vicenda è finita in Corte di Cassazione che ha invece statuito che l’organizzazione del lavoro non contemplava la necessità di salire sul tetto, poiché la ditta cliente aveva messo a disposizione l’elevatore, ritenuto sufficiente per svolgere l’attività in sicurezza. Insindacabile quindi la decisione degli Ermellini di ritenere non responsabili il datore di lavoro è l’Rspp, dato che lo stesso lavoratore aveva tenuto una condotta poco prudente.