L'idea del prestito previdenziale, messa dal Governo Renzi sul tavolo di confronto sulla riforma Pensioni, non convince i sindacati che chiedono forme di flessibilità in uscita dal lavoro più convenienti e comunque meno penalizzanti. "Definiamo un sistema di flessibilità", ha ribadito oggi il leader della Cgil Susanna Camusso. Un modello previdenziale più flessibile "presuppone che il lavoratore ha spiegato il segretario del sindacato rosso - va in pensione".

Pensioni e flessibilità, Cgil: sbagliata l'idea del prestito

Poi, secondo il ragionamento, dovrà essere lo stesso lavoratore a decidere se uscire anticipatamente dal lavoro per accedere alla pensione con qualche penalità, ma non con un prestito bancario ventennale seppur gestito dall'Inps che penalizzerà il trattamento previdenziale del 15%. "Poi può decidere - ha proseguito oggi Susanna Camusso  intervistata da Serena Bortone ad Agorà Estate su Rai3 - che se ci va degli anni prima e il montante dei suoi contributi gli determina un reddito pensionistico diverso da quello che può avere più avanti.

Ma non si capisce perché - ha sottolineato il leader della Cgil - debba auto-prestarsi la pensione". Una proposta che i sindacati bocciano sia per questioni di merito (troppo penalizzante) ma anche per questione di principio. E' la stessa idea del prestito pensionistico che non va.

Camusso a Renzi: definiamo un vero sistema di flessibilità

E' sbagliato, secondo la Camusso, "che non ci sia più una relazione - ha evidenziato il leader del sindacato rosso - tra il lavoro e i contributi che ti versi e l'esercizio poi della prestazione". Insomma, nonostante il confronto tra l'esecutivo e le parti sociali stia andando avanti portando in qualche modo i primi frutti, la strada è comunque ancora tutta in salita.

Le proposte dei sindacati, seppur in linea generale condivise anche dal governo, non sembrano ancora trovare le necessarie copertura finanziarie in considerazione del fatto che si dovrà operare nel massimo rispetto dei conti pubblici. L'esecutivo sarebbe pronto a investire 1,5 miliardi di euro nella riforma pensioni, per i sindacati ne servirebbero invece almeno 2,5 miliardi, anche se la cifra potrebbe aumentare in considerazione dei diversi interventi auspicati: dalla flessibilità in generale alla soluzione quota 41 per i lavoratori precoci, dalle tutele per le persone impegnate in lavori usuranti alla possibile proroga di opzione donna.