L’incontro tra governo e sindacati del 12 settembre ha avuto un esito positivo, questo è stato lampante fin da ieri. L’APE sembra ormai cosa fatta, ridotta solo a piccoli dettagli. Parlare di fumata bianca però è esercizio difficile perché ci sono ancora distanze tra quello che chiedono i sindacati e cosa il governo ha preparato. Se qualcuno crede che le distanze siano solo sulle cifre è fuori strada, perché la questione coperture forse è quella dove le parti sono più vicine.

I nodi da sciogliere sono anche di natura tecnica, anche sull’APE, senza dimenticare i precoci, le ricongiunzioni e gli usuranti.

APE gratuita per i deboli, ma i sindacati chiedono di più

L’APE, l’anticipo pensionistico nasce per consentire alle persone di lasciare il lavoro prima dei fatidici 66 anni e 7 mesi che è la quota anagrafica necessaria che ci ha lasciato in dotazione la Legge Fornero. Il meccanismo del prestito ormai è chiaro, come è chiaro che sarà molto penalizzata la pensione futura per chi oggi lavora e l’APE gli serve solo per lasciare il lavoro in anticipo, senza evidenti necessità reddituali e familiari.

Diverso il discorso per chi è in difficoltà, perché senza lavoro, con famiglie numerose o con contributi tali da garantirglil di una pensione bassa. Per questi soggetti, il governo, trovando anche l’avallo dei sindacati, ha approntato un piano che consentirà di rendergli l’APE gratuita. Dal punto di vista reddituale, il governo sembra orientato concedere l’abbuono della rata tramite le detrazioni fiscali a soggetti che percepiranno fino a 1.200 euro di pensione netta. A dire il vero, all’inizio sembrava che questo sconto dovesse toccare solo ad assegni da 1.000 euro netti, quindi già aumentarla a 1.200, sembra un passo in avanti. A Nannicini, che di fatto può essere considerato il padre dell’APE, i sindacati chiedono di fare un ulteriore sforzo e salire a Pensioni nette di 1.650 euro.

L’impressione è che difficilmente si possa arrivare a tanto, perché il Governo, nella sperimentazione biennale dell’APE, conta e si può permettere di concedere l’abbuono solo a 10mila dei 40mila soggetti che potenzialmente potrebbero richiedere l’APE.

Precoci ed usuranti hanno bisogno di essere tutelati

Vanno benissimo gli interventi a favore di soggetti bisognosi di aiuto, ma per i sindacati è necessario anche salvaguardare gli interessi di altre categorie di lavoratori. Gli usuranti per esempio sono quelli che svolgono lavori particolarmente pesanti. È una anomalia del nostro sistema il fatto che non siano considerati da tutelare soggetti che lavorano in edilizia, per esempio. Oppure infermieri e maestre di asilo, ma l’elenco potrebbe continuare all’infinito.

Necessario il restyling di quella famosa lista di lavori considerati usuranti dell’INPS, anche alla luce dell’innalzamento continuo dei requisiti di accesso alla pensione che la Legge Fornero ha creato e che continuerà, rimanendo in vigore, a imporre ai lavoratori.

I precoci, poi, meritano un discorso a parte, essendo le loro prerogative cadute quasi nel dimenticatoio. Non si parla più di quota 41 e nell’incontro di ieri, solo un piccolo accenno sul bonus contributivo per versamenti sotto i 18 anni. Su questo argomento i sindacati sembrano piuttosto rigidi, pretendendo correttivi che devono risolvere il problema. Non si può pretendere che un lavoratore che nel 2017 raggiungerà 41 anni di contributi, resti al lavoro solo perché non ha ancora compiuto 66 anni e 7 mesi di età.

Entro il 21 settembre, data dell’incontro politico e decisivo sulle pensioni, bisognerà trovare la soluzione e precoci, esodati ed usuranti, anche per esponenti della maggioranza di governo, come Damiano, sono fattori importanti e decisivi per la valutazione complessiva dell’operazione previdenziale. Come dire, l’APE va bene, la si può anche correggere un po’, ma poi bisogna metterci tanto alto. L’impressione è che la partita resti ancora aperta e dal pronostico difficile.