Sembra incredibile ma è tutto vero: è successo a una giovane insegnante di Termoli, Francesca Capecce di 34 anni, docente “idonea fantasma” come tanti altri che, pur avendo superato gli esami scritti e orali dell’ultimo concorsone si ritrova punto e a capo. Il paradosso ormai è noto: insieme a lei tantissimi altri che risultati idonei dopo il superamento di tutte le prove concorsuali sono rimasti senza cattedra per mancanza di posti.
Secondo il bando ministeriale infatti, di fronte ad un maggior fabbisogno rispetto alle cattedre stabilite è previsto che si attinga alla graduatoria degli abilitati fino a un massimo del dieci per cento dei posti, con il risultato che al posto di insegnanti abilitati e “idonei”, in classe vengano inseriti supplenti talvolta bocciati.
Bidella dopo dieci anni di scuola
Si tratta di una situazione più che paradossale che lascia a casa moltissimi docenti senza stipendio che pur di sbarcare il lunario accettano di tutto, dalle ripetizioni fino alle pulizie. È proprio il caso di Francesca che ammette di non potersi permettere di rimanere a casa ed è ben disposta ad accontentarsi del più magro stipendio di 900 euro mensili lavorando come bidella rispetto ai 1300 che le toccherebbero come docente.
Certo, di questi tempi è molto meglio di niente, ma non è facile mandare giù una realtà come questa quando, come Francesca, oltre a un concorso superato si hanno anche dieci anni di insegnamento alle spalle. Prima il precariato degli incarichi annuali, le sostituzioni di maternità e poi la mazzata della riforma Gelmini che ha tagliato drasticamente le ore del suo insegnamento, accoglienza turistica negli istituti alberghieri, fino all’abilitazione ottenuta mediante PAS. Ma nonostante tutto “quando mi hanno chiamato dalla graduatoria di terza fascia degli ATA – spiega al Corriere della Sera – ho accettato”. Meglio di niente pensava sperando di rifuggire un precariato durato quasi dieci anni, ma ottenendo sempre e comunque incarichi temporanei in cui Francesca, oltre a svolgere normali mansioni amministrative ha dovuto adattarsi anche a fare pulizie, assistente laboratoriale, accoglienza agli alunni, assistenza ai disabili e perfino da centralinista.
Ci scherza su Francesca: “servo la Scuola in tutto e per tutto” dice, ma è evidente che dopo un percorso come il suo non può mancare una certa dose di amarezza. Basti pensare che lavorando come ATA Francesca è finita nella stessa scuola dove aveva insegnato, passando ogni giorno lo straccio come una comune bidella davanti agli stessi occhi di chi solo pochi anni prima vedeva in lei la propria insegnante o una collega. Poi il concorso, la speranza di poter tornare di nuovo ad insegnare, di riappropriarsi di quel ruolo che aveva provato a mantenere con le unghie e con i denti anche questa volta a patto di grandi sacrifici (tra cui anche la rinuncia ad un delicato intervento) fino allo smacco finale: idonea, ma senza cattedra.
Oltre al danno poi la beffa: “nonostante i molti spezzoni di ore liberi in giro, a me non assegnano alcun posto. Anzi, peggio: speravo che i vincitori liberassero le cattedre andando a occupare i loro ruoli legittimi in Abruzzo, -ha aggiunto - e invece anche loro non sono stati sistemati, i loro posti non esistono più”. Il riferimento, per chi è stato vittima di una sorte analoga è chiaro: con la mobilità molte cattedre del concorso sono state fagocitate per via dello spostamento di molti docenti che le hanno occupate scavalcando i vincitori di concorso. La beffa finale poi è quella delle supplenze, che spettano ad altri precari come lei ma che a differenza di lei sono stati bocciati al concorso.
Francesca però è forte e va avanti lo stesso, anche se ammette di pensare spesso ai suoi alunni. “Non poter più coltivare la loro passione per lo studio mi manca tantissimo, –ammette in un’intervista al Corriere della Sera - l’insegnamento è un mestiere del cuore, non del portafogli”.