Le misure previdenziali che gli ultimi governi a guida PD hanno varato sono state bocciate dagli italiani: questo quanto asserisce qualcuno per giustificare la debacle che il partito di Renzi e Gentiloni ha avuto lo scorso 4 marzo alle elezioni. Ape sociale, volontaria e Quota 41 evidentemente non sono piaciute agli italiani che chiedevano alla politica una vera riforma previdenziale che andasse a rinnovare un sistema ancora retto sulla tanto odiata riforma Fornero.

In attesa che il nuovo esecutivo, se mai venisse formato, riesca finalmente a dare risposte più concrete anche e soprattutto su questo tema previdenziale, molti italiani sono alla ricerca della via di uscita dal lavoro in base alle innumerevoli ed a volte astruse regole oggi i vigore. Gli ormai certi inasprimenti in termini di età pensionabile e requisiti del 2019 non fanno altro che accentuare questa ricerca. Le norme previdenziali come dicevamo sono molte ed anche se il sistema non presenta la flessibilità in uscita in senso stretto, ci sono misure che consentono di pensionarsi in maniera diversa a seconda della tipologia di soggetto richiedente la pensione.

Una particolare categoria di lavoratori è quella con invalidità ed in base alla percentuale di disabilità accertata ci sono Pensioni diverse che possono essere percepite molti anni prima di quelli canonici.

Invalidità e pensioni di vecchiaia

Gli invalidi in primo luogo sono tra i soggetti a cui viene proposta l’Ape sociale. Si tratta dell’Anticipo Pensionistico a carico dello Stato, quello che, tanto per intenderci , non prevede prestiti bancari e indebitamenti del pensionato come lo fa l’Ape volontario. Oltre agli invalidi diretti, cioè lavoratori con disabilità propria, la stessa misura è appannaggio dei caregivers, soggetti che hanno invalidi a carico nel nucleo familiare. L’Ape Social loro destinata si può percepire a partire dai 63 anni di età ed è presumibile che dal 2019 l’età minima salga a 63 anni e 5 mesi, anche in questo caso per via dell’incremento dell’aspettativa di vita ed in modo tale che i richiedenti si ritrovino sempre a non più di 3,7 anni dalla pensione di vecchiaia.

L’Ape sociale infatti si presenta come un anticipo della pensione di vecchiaia che oggi si centra con 66 anni e 7 mesi di età e che dal 2019 salirà a 67 anni, sempre con minimo 20 anni di contributi. Per l’Ape sociale destinata a invalidi o caregivers i contributi necessari salgono a 30 anni e per quanto riguarda il requisito specifico della disabilità, essa deve essere pari o superiore al 74%.

La pensione di vecchiaia anticipata

Ancora più favorevole la pensione di vecchiaia per soggetti che hanno un grado di invalidità accertata a partire dall’80%. In questo caso l’invalido deve essere il diretto richiedente la pensione, quindi esclusi i caregivers. La misura di cui parliamo è la pensione di vecchiaia anticipata che si centra con 20 anni di contributi ma molti anni prima, anche rispetto all’Ape sociale.

Per le donne l’uscita risulta molto favorevole perché è fissata a 55 anni e 7 mesi di età. Si tratta di un anticipo secco di ben 11 anni perché da quest’anno anche per le donne la pensione di vecchiaia è salita a 66 anni e 7 mesi di età. Per gli uomini invece la pensione di vecchiaia anticipata per invalidi all’80% è fissata a 60 anni e 7 mesi, fermo restando il requisito contributivo dei 20 anni. Questa pensione di vecchiaia anticipata può essere richiesta solo da lavoratori del settore privato ed è soggetta alle finestre mobili, con la decorrenza dell’assegno previdenziale che parte dopo 12 mesi dall’aver raggiunto i requisiti.