Le Pensioni sono un tema che sta molto a cuore agli italiani. Mai come oggi, l’argomento è di dibattito comune a molti perché il nuovo Esecutivo sembra davvero aver voglia di mettere mano alla previdenza. Sarà perché uno degli oggetti di campagna elettorale che hanno portato alla netta affermazione di Lega e M5S era proprio la previdenza. Con le due forze politiche tra le più critiche nei confronti delle regole su cui si basa oggi il sistema, cioè nei confronti della famigerata Riforma Fornero, adesso che sono al Governo, difficilmente potranno deludere quanti probabilmente, proprio per le idee previdenziali, li hanno votati.
Certo passare dalle parole ai fatti è sempre difficile, soprattutto perché la realtà parla di casse dello Stato che non stanno granché bene. La revisione della legge Fornero è inserita comunque nel contratto di anche se a dire il vero, Giuseppe Conte, neo Premier, non ne ha fatto cenno durante il discorso di insediamento. Motivo in più che giustifica le ripetute domande e i tanti dubbi che si fanno gli italiani che hanno riposto molta fiducia in questi cambiamenti.
Cosa cambia per quota 100
Nelle ultime ore si moltiplicano le ipotesi e le indiscrezioni che accompagnerebbero questa per ora ipotetica riforma.
La misura che più sta facendo discutere e che più sembra essere apprezzata dall’opinione pubblica è quota 100. Diversi quotidiani negli ultimi giorni hanno abbozzato articoli per spiegare cosa stia accadendo e che strada sembra prenderanno queste misure dal punto di vista tecnico. In attesa che i progetti inizino ad essere enunciati più dettagliatamente e con interventi ufficiali, oggi sembra probabile una versione più leggera di quota 100. La misura che avrebbe dovuto garantire la flessibilità in uscita che tanto è necessaria in un sistema troppo rigido come il nostro, in termini di età e requisiti per uscire dal lavoro, nascerà per così dire “ridotta”. Potranno accedervi solo i lavoratori che hanno compiuto il sessantaquattresimo anno di età.
Trattandosi di misura che prevede il doppio requisito anagrafico e contributivo che sommati dovrebbero dare 100, evidente che agli stessi sessantaquattrenni verrebbe richiesto di collezionare 36 anni di contributi versati.
Addio all’Ape social?
Sicuramente quota 100 a 64 ani no è la misura che in campagna elettorale veniva pubblicizzata perché taglierebbe fuori soggetti più giovani, quelli con 60, 61, 62 e 63 anni che nonostante carriere lavorative di tutto rispetto come durata, non potranno uscire dal lavoro e resteranno ancorati per la loro pensione alle regole Fornero ed agli inasprimenti per l’aspettativa di vita che faranno capolino dal prossimo gennaio. Basti pensare che non potrebbe utilizzare quota 100 un soggetto con 63 anni e 37 di contributi nonostante appaia evidente che centri comunque quota 100.
Se a questo si aggiunge che 63 anni di età e 35 (ma anche 30 per disoccupati, caregivers e invalidi) di contributi sono le soglie dell’attuale Ape sociale, appare evidente che quota 100 non soddisferà le esigenze dei lavoratori nella loro totalità. Anzi, a dire il vero, le novità rischiano di peggiorare la situazione proprio per questi lavoratori, perché come recita un articolo del quotidiano “Il Messaggero” del 6 giugno, appare probabile che l’esperienza dell’Ape Sociale non venga confermata dall’attuale e nuovo Esecutivo. Nessun accenno e nessuna indiscrezione oggi paiono spingere a credere in una proroga dell’Ape sociale che come previsto, cesserà gli effetti della sua sperimentazione il prossimo 31 dicembre.
E per i precoci?
Oggi alcuni precoci hanno già diritto alla pensione con quota 41 ma sono pochi rispetto alla grande platea di beneficiari che entrerebbe in quota se il Governo Conte manterrà le promesse inserite nel contratto. Una quota 41 che da essere fruibile da chi ha 41 anni di contributi dei quali uno prima dei 19 anni di età, da chi è, alternativamente, invalido, caregivers, disoccupato o lavoratore in mansioni gravose, verrebbe allargata a tutto l’universo dei lavoratori, diventando la nuova pensione anticipata o di anzianità. La misura, sembra che debba nascere anche in questo caso, con delle limitazioni. Prima di tutto verrebbe agganciata all’aspettativa di vita, passando fin da subito ad essere fruita con 41anni e 5 mesi di contributi.
Inoltre, nel computo dei contributi utili all’anzianità, uscirebbero fuori quasi tutti i figurativi. Maternità, riscatto, servizio militare, malattie e così via, potrebbero essere sfruttati per raggiungere i 41,5 anni richiesti, solo per due anni al massimo.