Cancellare la Legge Fornero probabilmente resterà solo uno slogan da campagna elettorale e niente di più. In attesa che i progetti e le nuove misure siano definiti nei dettagli, a quanto trapela dalle indiscrezioni, appare difficile che il nuovo governo riesca a contro-riformare il sistema previdenziale, andando per davvero a cancellare la Legge Fornero. Quota 100, Quota 41, Opzione Donna sono le misure ormai di dominio pubblico che il governo avrebbe intenzione di lanciare. Si tratta di progetti che già oggi, quando non siamo ancora nemmeno alla fase delle bozze, si scontrano con la realtà delle coperture finanziarie.

E si inizia già a parlare di paletti, vincoli e restrizioni di queste nuove misure, senza considerare che viene paventato il concreto rischio che per avviare queste nuove, potrebbero venire cancellate anche alcune misure degli ultimi governi PD. In sostanza, interventi soft e non radicali per quanto concerne le tanto antipatiche norme Fornero e per qualcuno, addirittura peggiorativi rispetto ad oggi.

Come potrebbero nascere le novità

Che sia la ormai imminente Legge di Stabilità (se ne parlerà dal mese di ottobre), oppure che siano decreti ad hoc, l’operazione previdenziale del governo potrebbe partire inizialmente con il ripristino dell'Opzione Donna e forse con l'introduzione di Quota 100. Poi ci sarebbe da varare quell’autentico ritorno alle Pensioni di anzianità che sarebbe la nuova Quota 41.

Il settimanale Panorama, con un eloquente articolo di giovedì 7 giugno, parla già di beffa e di promessa non mantenuta da parte del nuovo governo. I motivi sono sempre gli stessi, i conti pubblici e la sostenibilità del sistema. L’esecutivo giallo-verde, guidato da Lega e Movimento 5 Stelle, con premier Giuseppe Conte, conta di mettere a bilancio una spesa previdenziale per le tre misure di soli 5 miliardi di euro.

Per contenere questa spesa, che secondo i conti dell’Inps non potrebbe essere inferiore a 15 miliardi di euro, l’economista Alberto Brambilla ha sottolineato la necessità di cancellare immediatamente Ape Sociale e Quota 41 per i precoci (se disoccupati, impiegati in lavori gravosi, care givers o invalidi), le due misure di pensione anticipata nate dagli ultimi due governi a guida PD.

Inoltre, bisogna fissare paletti restrittivi alle novità in cantiere, a partire da Quota 100: ad esempio andrebbe obbligatoriamente fissata l’età minima di uscita a 64 anni anche per Quota 100. Un modo per evitare una Quota 100 allargata a tutti coloro che sommando età e contributi arrivino a 100. Tutto questo con buona pace per coloro che immaginavano di uscire a 60 o 61 anni di età con 40 o 39 anni di contributi. Anzi, misura che sarebbe negata anche a chi ha 63 anni e 37 di lavoro, che per via delle restrizioni, si vedrebbe cancellare anche il diritto all’Ape sociale nonostante rientri tra i precoci, tra le 15 attività di lavoro gravoso o in alternativa, tra i disoccupati, invalidi e caregivers, cioè nel perimetro di applicazione dell’Ape sociale che si pensa di cancellare.

Anche Quota 41 e Opzione Donna non esenti da paletti

Opzione Donna non sarebbe una novità previdenziale perché è stata attiva per anni. L’idea del governo è di rilanciarla dopo essere stata sperimentata per un paio di anni e poi bloccata. Opzione Donna ad oggi sembra la misura che più facilmente potrebbe nascere perché a costi contenuti, una misura che permetterebbe alle donne che vogliono lasciare il lavoro per dedicarsi alla famiglia, di farlo a 58 anni di età con 35 di contributi. La pensione però sarebbe calcolata con il sistema contributivo anche per gli anni che ricadrebbero nel misto, penalizzando gli assegni delle lavoratrici anche del 35%. Una misura che in pratica, sarebbe quasi tutta a carico delle neo pensionate.

Resta il fatto che si pensa di aumentare la soglia dei contributi necessari, passandoli a 36 o 37 anni.

Quota 41 invece sarebbe la misura che più aiuterebbe a superare la Fornero. Una pensione di anzianità vera e propria, cioè consentita a tutti coloro che hanno 41 anni di carriera lavorativa, che poi dovrebbero essere 41 anni e 5 mesi per via dell’aspettativa di vita. Un anticipo di diversi anni rispetto alla pensione anticipata di oggi che si centra con 42 anni e 10 mesi o con 41 anni e 10 mesi a seconda che il richiedente sia uomo o donna (dal 2019 5 mesi in più per entrambi). Anche in questo caso, necessario limitare la platea di aventi diritto. La soluzione a questa esigenza sarebbe la riduzione della contribuzione figurativa valida per centrare il requisito dei 41 anni di contributi versati.

I contributi figurativi che potrebbero essere utilizzati per centrare il requisito potrebbero essere ridotti a 2 o massimo 3 anni.

In sostanza, parlare di nuova riforma previdenziale o di cancellazione della Legge Fornero, appare sempre più un eufemismo, almeno alla luce di tutte queste indiscrezioni.