Adesso che il governo è ufficialmente in piedi il problema centrale è la ricerca delle coperture economiche ai provvedimenti che il nuovo Esecutivo vorrebbe mettere in atto. Sulle promesse elettorali e sul contratto di Governo, i leader di Movimento 5 Stelle e Lega sembrano fare sul serio. Basti a dimostrarlo la vicenda della nave Acquarius e dei migranti con la mossa di Salvini di far scortare l’imbarcazione altrove.
Se le premesse sono queste, Salvini e Di Maio sembrano per davvero intenzionati a fare tutto ciò che hanno detto. Una speranza ed un auspicio di molti italiani e probabilmente, questo vuol dire che mai come adesso, la riforma previdenziale sembra avvicinarsi. L’ipotetico è ancora obbligatorio, perché come dicevamo, i soldi nelle casse dello Stato latitano non sono purtroppo illimitati.
Salvini a Rai News
“Smonteremo la Fornero pezzo per pezzo” è quanto dice Salvini da mesi, fin dai giorni della campagna elettorale. Adesso che è diventato Ministro dell’Interno e vice Premier ed è riuscito, con l’altro vice Presidente del Consiglio., Di Maio, a dare vita al nuovo Governo, lo schema non è cambiato.
Come riporta rainews.it, Salvini ha dichiarato che l’obbiettivo non è cambiato e che si passerà immediatamente a inserire nella previdenza italiana, quota 100 e quota 41. Il problema adesso è quello dei finanziamenti alle misure, che in parte rischiano di essere ritoccate rispetto alle origini, con alcuni paletti e restrizioni da inserire per questioni di risparmio. Quota 100 come riporta il quotidiano “Il Giornale” nascerebbe con la barriera chiara dei 64 anni di età e dei 36 di lavoro come soglia minima per l’accesso. Nessuna possibilità per coloro che pur raggiungendo la quota, si trovano con meno di 64 anni compiuti. Le opzioni in campo resterebbero oltre alla soglia minima anche quella che va a 65 anni con 35 di lavoro alle spalle e con 66 anni e 36.
Per i 67enni invece, porte aperte alla pensione con le regole attuali, cioè con la pensione di vecchiaia a 66 anni e 7 mesi fino al 31 dicembre prossimo e poi a 67 anni dal 2019. Quota 41 invece sostituirebbe l’attuale pensione di anzianità (pensione anticipata come l’ha ribattezzata la Fornero nel 2012), che si centra con 42 anni e 10 mesi per gli uomini e 41 e 10 mesi per le donne. Un anticipo di oltre due anni che supererà i 3 dal prossimo gennaio, quando anche le Pensioni anticipate subiranno l’inasprimento di 5 mesi per via dell’aspettativa di vita. Il limitare i danni in quanto a spesa di danaro pubblico sembra essere il “movente” che potrebbe spingere l’attuale Esecutivo a ridurre a solo due anni di contributi figurativi quelli utilizzabili per raggiungere le soglie di contributi versati per le due misure.
Questo ad esclusione di maternità e servizio militare che saranno utilizzabili sempre.
Aumento di assegni
Sempre dalle pagine del Giornale e sempre da quanto promesso ed inserito nel contratto dai due schieramenti, le pensioni minime salirebbero a 780 euro. La pensione di cittadinanza è un altro obbiettivo dell’Esecutivo tanto è vero che sembra ci stia lavorando insistentemente il nuovo Ministro del Lavoro Di Maio. Una platea di almeno 4 milioni e mezzo di pensionati, questo sarebbe il campo di applicazione di questo aumento delle pensioni minime. La misura infatti riguarderebbe sia le cosiddette pensioni minime (per il 2018 la soglia è fissa a 507 euro) che le pensioni sociali (per il 2018 453 euro).
Un esborso non indifferente per le casse statali. Evidente che ci sia la necessità di reperire i fondi e la prima scelta potrebbe essere quella di assorbire nella novità che sarebbe la pensione di cittadinanza, la quattordicesima mensilità che tra l’altro, risulta in pagamento dal prossimo 1° luglio. Un assegno pensionistico così elevato però per qualcuno potrebbe essere pericoloso. Infatti una minima prossima ad 800 euro sconsiglierebbe a molti lavoratori di continuare a versare contributi, perché il rischio è di percepire lo stesso trattamento previdenziale di chi non lavora. Aumenterebbe dunque il pericolo che lavoratori con la calcolatrice facile, optino per continuare a lavorare in nero ed evitare di pagare contributi allo Stato che si troverebbe oltre che a pagare più soldi di pensione, anche ad incassarne di meno di contributi.