Da un paio di mesi a questa parte, il dibattito sulla possibilità di abolire l'articolo 18 dello Statuto dei Lavoratori continua a tener banco sia fuori che dentro il Parlamento. A prescindere da ciò che viene sostenuto a riguardo nei talk-show, nei discorsi pubblici dai politici dei diversi partiti e per strada, sarebbe (ed il condizionale è d'obbligo) estremamente utile fermarsi per qualche istante a riflettere, in solitaria, su tale questione.
La domanda che ci si dovrebbe porre, infatti, è la seguente: abolire le norme che tutelano il lavoratore da un eventuale licenziamento ingiustificato può realmente rappresentare la soluzione per risolvere l'annosa questione della carenza di iniziative imprenditoriali e, più in generale, dell'inerzia del sistema economico italiano? Può una riforma del genere, in sintesi, far ripartire il nostro Paese? Per ponderare una concreta risposta ad un quesito così rilevante, risulta impossibile non tenere in considerazione l'obiettivo finale a cui il governo mira, cioè la costruzione di un mercato del lavoro flessibile, in cui l'imprenditore può licenziare ed assumere a suo piacimento, mentre il lavoratore può, dal canto suo, cambiare occupazione senza incontrare ostacoli e difficoltà.
A fronte di tale considerazione, diviene chiaro come, per rispondere alla domanda posta all'inizio, risulti indispensabile approfondire tante altre questioni; risulta realmente possibile, ad esempio, organizzare un sistema del genere in un contesto, come quello italiano, in cui il mercato del lavoro non offre, da anni oramai, la possibilità a chi perde la propria occupazione di trovarne una nuova che permetta di sostenere sè stessi e la propria famiglia? Sacrificare i diritti del lavoratore rappresenta realmente l'unica via per uscire dalla crisi?
Queste rappresentano, ovviamente, solo una parte delle questioni a cui si dovrebbe fornire un responso motivato; eppure viene necessario chiedersi se coloro che stanno decidendo sull'articolo 18, nonchè tutti coloro che ne stanno discutendo in ogni luogo, stanno veramente considerando tutto ciò che fin quì è stato esposto.
È bene lasciare, ovviamente, alla coscienza critica individuale la ricerca della risposta alla domanda sull'utilità o meno dell'abolizione dell'articolo 18 (ed, ovviamente, alle altre domande poste in questa sede). Sia consentito, tuttavia, concludere con il seguente quesito: come si esprimerebbero, su tale tema, tutti coloro che hanno fatto parte della classe operaia degli anni '60 e '70 che ha manifestato e lottato nelle fabbriche ed in strada per arrivare a garantire, a loro stessi ed alle generazioni future, la tutela contro il licenziamento ingiustificato?