In piena Giornata Mondiale contro la violenza sulle donne un uomo ha ucciso la moglie perché non voleva che lei lavorasse. Un colpo di fucile per stabilire una volta per tutte l'autorità maschile su di lei, è quello che accade spesso in Italia, negli ultimi anni ogni due giorni.
Raffaella Presta era una donna e mamma di 40 anni. La descrivono come una donna riservata. Dall'altra parte c'è suo marito, un uomo geloso che non accettava il suo brillante lavoro di avvocato penalista.
Tutti sapevano che lui la picchiava, ma lei non lo aveva mai denunciato.
Secondo un'indagine condotta da ISTAT nel 2006, i motivi principali che spingono le donne a non denunciare gli abusi domestici sono la credenza di farlo per il bene dei figli, la promessa di cambiamento da parte del violento e la voglia di dare a lui un'altra possibilità (vedi grafico).
Pregiudizi sulle donne
Si tratta di un grave problema culturale legato a stereotipi ancora radicati in Italia ma è anche un fenomeno in crescita perché sempre più tollerato nonostante l'emancipazione della donna. Infatti, secondo uno studio di We World Onlus e Ipsos condotto sui giovani under 30, molti intervistati hanno risposto che la violenza sulle donne dipende dal "troppo amore".
Un giovane su cinque ha affermato che la violenza di genere fa parte di problemi privati. Insomma, il vecchio detto "i panni sporchi si lavano in famiglia" pare ancora in voga. Ma i giovani di oggi sono anche più indulgenti delle generazioni precedenti, secondo il sondaggio.
Infatti, mettendo in relazione le risposte coi dati ISTAT pare che le scarse denunce siano correlate a questi pregiudizi. Del resto è lo stesso pensiero che viene trasmesso dai mass media italiani. Sempre più associazioni femministe denunciano la costante tendenza da parte di stampa e programmi televisivi di usare la parola "raptus" e "troppo amore" per descrivere episodi di cronaca in cui è coinvolta una donna come vittima.
Sono inoltre tantissime le pagine sui social network che monitorano la presenza di una misoginia sempre in crescita in essi da parte di utenti.
Stando ancora ai messaggi che vengono veicolati dai media è ancora presente una tendenza a giustificare la violenza sulle donne. Poco prima del 25 novembre, infatti, nell'edizione italiana del Grande Fratello una concorrente ha inveito contro un'altra che denunciò pubblicamente di essere stata vittima di violenze di gruppo all'età di 13 anni, sostenendo che : 'certo che dopo tutti questi anni va ancora in giro mezza nuda non ha proprio dignità' e 'si dovrebbero sentire entrambe le campane'. All'episodio hanno assistito milioni di telespettatori e nonostante le loro proteste la produzione non si è né scusata né ha ammonito il comportamento di alcuni concorrenti contro la vittima di stupro, colpevolizzata di non coprire come segno di vergogna il suo corpo abusato e accusata di essere seminuda anche il giorno della violenza.
Violenza di genere: se ne parla di più ma male
Tuttavia oggi i mezzi di comunicazione sono più sensibili alla violenza di genere ma nonostante questo lo si fa nella maniera sbagliata e questo non aiuta a modificare le credenze degli italiani ancora convinti che, secondo la stessa ricerca, la violenza è giustificabile se lei lo ha tradito o esasperato.
Secondo un recente sondaggio condotto da Eurodap uscito proprio il 25 novembre, infatti, il 70% degli italiani è convinto che un tradimento maschile sia giustificabile rispetto a quello femminile. Il 60% delle donne ha detto di essere favorevoli se la donna accontenta il marito rinunciando a uscire con le amiche.
Oggi sempre più talk-show televisivi incoraggiano le donne a denunciare ma non sono in grado di indagare sulle cause del fenomeno e parlare di femminismo è ancora scomodo. A questo si aggiunge l'inefficienza delle istituzioni italiane a contrastarlo, poiché malgrado le denunce siano ancora basse sono aumentate ma la carenza di strumenti di prevenzione e contrasto sono spesso causa di rivittimizzazione.