Il 20 maggio scorso, a New Delhi, lo studente 23enne Masunda Kitada Oliver è stato ucciso con una pietra dopo una lite in un parcheggio, come riportato dalla BBC. Gli aggressori gli hanno spaccato la testa. Oltre questo, si sarebbero verificati altri numerosi casi di violenza che avrebbero spinto i portavoce dei governi africani a dichiarare che l’India non è un Paese sicuro per chi non appartiene alle caste più alte.

Dunque, se non verranno presi dei provvedimenti seri, non saranno inviati nuovi studenti. La ministra degli Esteri Sushma Swaraj ha assicurato che gli aggressori saranno condannati e che l’episodio non dev’essere considerato a sfondo razzista.

Il razzismo che non si racconta

In India, il razzismo ha molteplici sfumature ed è presente in tutti gli strati della società, a cominciare dalle differenze che contraddistinguono le varie caste. Le case vengono assegnate in base alla razza e alla religione, gli affitti più cari sono riservati agli studenti africani. È diffuso, tra gli indiani, il pregiudizio e l’idea che chi arriva dall’Africa sia un drogato o una prostituta.

La peggior forma di discriminazione, quindi, è riservata a loro.

La comunità africana si è unita in una protesta che ha coinvolto le diverse migliaia di residenti a New Delhi e si è svolta nel parco in cui in genere si tengono le manifestazioni anti-establishment, il Jantar Mantar. Nonostante le proteste, la ministra Sushma Swaraj ha ribadito che non si è trattato di un episodio razzista. Nessuno le ha creduto: molti sostengono addirittura che se l’omicidio di Oliver non fosse avvenuto a due passi dal summit indoafricano, non sarebbe stato denunciato. Tanti casi di violenza non vengono citati sui giornali: se sei nero in India sei un “Kalia" (un “negro”), uno che si trova all'ultimo gradino della società.

Gli indiani devono aver dimenticato che Krishna significava “uomo scuro”.

L’ossessione per la pelle chiara

Il colore della pelle determina il grado di purezza e quindi di superiorità sulle caste inferiori. Forse dai tempi del colonialismo si è diffusa tra gli indiani quest’ossessione per la pelle chiara. Addirittura in tutto il Paese si vendono creme corrosive e pericolose come se fossero prodotti di bellezza, che assottigliano l’epidermide e, come effetto collaterale, la schiariscono. Le donne indiane le comprano perché ignorano tutto ciò, convinte di diventare come le dive della TV.

Per un africano, le speranze di avere un permesso di soggiorno e di lavoro sono esigue, proprio per il colore della sua pelle.

Sembra di parlare di episodi di mezzo secolo fa, come se le lotte di Nelson Mandela e Martin Luther King non fossero servite a nulla. Eppure ancora oggi, in molti paesi eurasiatici è diffuso un forte razzismo tra bianchi e neri, tra nord e sud, est e ovest. Il bisogno dell’essere umano di odiare e di essere odiato non è nato in India, purtroppo.

Tra i paesi più razzisti, secondo una ricerca condotta tra il 1981 e il 2008 da un gruppo di studiosi olandesi, la World Value Survey, troviamo la Francia, al 7° posto, preceduta da Algeria e Marocco. Al 1° posto c'è Hong Kong. Italia in ottava posizione. Ultimo posto, vale a dire, il paese più tollerante, per gli Stati Uniti.