Secondo uno studio effettuato dai ricercatori dell'università di 'New South Wales (Australia) - pubblicato di recente sulla rivista scientifica 'BMJ Open' - nella quantità di alcol consumato mediamente, le donne hanno raggiunto gli uomini. I dati dello studio, basati sui risultati di analoghe ricerche (68 in tutto) in un arco di tempo che va dal 1891 al 2014, riguardano le abitudini sul consumo dell'alcol. Sono sempre stati gli uomini i più grandi bevitori, rispetto alle donne (soprattutto quelli nati tra il 1891 e il 1910) ma oggi hanno quasi raggiunto la parità.
Donne uguali agli uomini nel consumo di alcol
Secondo gli autori della ricerca, questo è il risultato di campagne pubblicitarie rivolte soprattutto a un pubblico femminile, realizzando una serie di prodotti più 'dolci' e a buon mercato rivolti alle giovani donne. Sempre più di frequente si beve a casa e, visto che gli alcolici sono poco costosi e disponibili, è diventato quasi un genere alimentare che si consuma quotidianamente: le industrie che lo producono, negli ultimi anni, hanno commercializzato marchi e prodotti specifici per donne, e questo è il risultato. Dovremmo chiamarla conquista, parità, progresso?
Se ci aggiungiamo un altro fenomeno, che riguarda sempre il gentil sesso, il quadro non è confortante: la continua ricerca della perfezione fisica. Un sogno che, però, può trasformarsi in un incubo popolato da mostri; infatti, per rendere il proprio corpo sempre più perfetto, conforme agli stereotipi che i media hanno inculcato nelle donne, alla lunga è diventata una vera e propria ossessione. Nella spasmodica (e assurda) corsa alla ricerca della bellezza - trattandosi da oggetti, così come impone la pubblicità - oltre che ricorrere alla chirurgia estetica, si inseguono mode che non hanno nulla di ragionevole, fino a rendersi quasi irriconoscibili.
La donna usata per scopi commerciali
Pochi mesi fa è stata lanciata una campagna dall'associazione 'Women Not Objects' (donne non oggetti) per contrastare la tendenza allo sfruttamento del corpo femminile nelle pubblicità sessiste, tutte improntate sull'idea che la donna debba essere necessariamente sottomessa all'uomo, per piacere: gambe incellofanate, labbra di plastica, seni turgidi e svettanti, sederi improponibili, visi di porcellana dai lineamenti scolpiti.
Questi gli standard della bellezza proposti (ma sarebbe meglio dire 'imposti') dalle pubblicità, che influenzano pesantemente il pensiero di moltissime ragazze, causando loro danni psicologici oltre che fisici. Siamo martellati da un'infinità di immagini - in una interpretazione sessista - lontanissime dalla realtà: la sessualità viene esaltata solo per appagare i desideri del maschio, la donna maltrattata risulta quasi banalizzata, lo stupro eccitante, la violenza - soprattutto su internet - viene mostrata senza alcun filtro, sbattuta in faccia in un pauroso crescendo di voyeurismo.
Un video contro la 'donna oggetto'
Nel video proposto dall'associazione si poteva leggere: 'In una cultura popolare, non è solo teorico il male causato dal rendere una donna come un oggetto'.
Dunque alzatevi, protestate, lanciate l'hashtag '#Istandup' per invitare le donne a lottare per il proprio diritto a un'identità, a far sentire la propria voce, a rifiutare coraggiosamente i paletti imposti dalle pubblicità'. Nel filmato si vedevano donne e uomini con dei cartelli in mano, in cui erano spiegati i motivi della lotta con queste scritte: 'Mi alzo in piedi per mia madre, per le mie amiche, per mia sorella, per mia figlia e per me stessa'. Quante persone, dopo quella campagna di sensibilizzazione contro lo sfruttamento sessista nelle pubblicità, si sono poi alzate in piedi? A giudicare dalle immagini commerciali che si susseguono quotidianamente in TV e sui media in generale, in cui le donne sono ancora strumentalizzate e collocate in 'ruoli' sempre più irreali, forse proprio nessuno.