Quest'oggi i greci decideranno dove stare e con chi stare. Da un lato c'è la voce stentorea di un'Europa che richiama all'ordine l'insolvente patria di Euripide: 'Siete parte della Storia e della Civiltà, tuttavia i debiti sono i debiti', sembra voler dire l'Eurogruppo. D'altro canto, il sorridente e coraggioso Alexis Tsipras pare voler rassicurare il suo popolo dicendo loro che è la via dell'opposizione a un Eurogruppo intransigente e spocchioso, quella da percorrere insieme e tenendosi per mano.

Comunque vada a finire e qualunque sia il destino post referendum, qualche voce importante, all'interno dell'attuale gohta politico greco, dichiara senza mezzi termini il suo pensiero.

Yanis Varoufakis, il ministro, in un'intervista rilasciata al Mundo, ha affermato che l'attenzione mediatica che la Grecia sta subendo è denigratoria. Per il ministro non è giusto tacciare di anti-europeismo la sua visione politica: «Credo che in tutta Europa siano necessari partiti come Syriza e Podemos, partiti critici con il sistema, ma allo stesso tempo europeisti e democratici. Detestiamo che ci facciano passare per anti-europeisti.

Non è la verità, non lo siamo. Siamo necessari». Così si è espresso.

Quello che è chiesto oggi ai volenterosi greci dall'attuale compagine governativa che fa capo a Tsipras è un voto per il no ovvero non si ha intenzione di ubbidire alla Commissione europea e alla Banca centrale europea (presentatori di due documenti, 'Riforme per il completamento dell'attuale programma' e 'Analisi preliminare per la sostenibilità del debito').

Invece l'Europa dell'Eurogruppo chiede un voto di accettazione del proprio ineluttabile destino fatto di carestia e austerità sine fine, senza paura e da coraggiosi, magari rimembrando le Termopili. A complicare ancor più la complicata e ansiogena situazione greca, ci si è messa anche una Commissione europea che ha presentato le sue 'soluzioni' scritte in maniera eccessivamente tecnica, tale da non poter essere carteggio compreso da chiunque.

Fuor di metafora, la vittoria dei no porterebbe la Grecia verso il rischio di riabbracciare l'antica parente, la dracma. Al contrario l'euro, per quanto scarso, continuerebbe a risonare nelle tasche dei greci.

Ovviamente, lo scenario riassunto poc'anzi, è semplificato. Altri parametri possono influire sul peggioramento o miglioramento della situazione raggiunta. Infatti, va aggiunto, che

  • Un sì vittorioso seguito da un immediato abbandono del Governo di Tsipras e Varoufakis sarebbe quello più favorevole ai creditori (market friendly). Questo porterebbe nuovi volti e nuovi confronti con probabili risvolti ancora non affrontati.
  • Un sì vittorioso e con un governo Tsipras che non accenni ad abdicare ma, anzi, insista sulle proprie posizioni, porterebbe la nazione a oscillare pericolosamente sul baratro dell'imprevisto. Quindi, instabilità e negoziati estenuanti, si paleserebbero in questa ipotesi post referendum 5 luglio.
  • Un no vittorioso risulterebbe propedeutico al fenomeno Grexit: per quanto si possa essere ottimisti, l'uscita dall'euro è un'incognita. Il no potrebbe avere come esito il ritardo del programma di aiuti per la Grecia, che prevede cinquanta miliardi fino al 2018. Da segnalare anche che la Bce, in questo frangente, potrebbe non garantire la liquidità d'emergenza. L'incertezza e la tensione potrebbero creare dei bancomat secchi come pozze d'acqua del Sahara: con nessuna giaculatoria capace di smuoverli.