Inizia la settimana che potrebbe risultare decisiva per la formazione del governo. Giornata intermedia è stata ieri, dove l'edizione del Vinitaly 2018 è diventata l'arena di discussione tra i partiti. Il tempo concesso dal presidente Mattarella sta scadendo e bisognerebbe accelerare. I partiti sembrano non voler premere sull'acceleratore e continuano la partita a scacchi. Una partita che può convenire ad alcuni, ma che sicuramente non aiuta a trovare una soluzione.
E anche davanti ad alcuni bicchieri di buon vino niente di nuovo si intravede in direzione palazzo Chigi.
Veti continui
Il botta e risposta continua e i veti la fanno da padrone. Secondo alcuni osservatori ci sarebbero delle novità e dei passi avanti, ma a sentire le parole dei diversi leader politici sembra il contrario. Nessun incontro diretto, nessun tavolo, solo rivendicazioni lanciate tramite stampa. Di Maio continua a ripetere il solito mantra del "governo del cambiamento" e ammonisce Salvini: "Scelga lui cosa vuole fare: cambiamento o restaurazione". L'appello di Di Maio ha sottofondo un richiamo al "solito" terzo incomodo: Silvio Berlusconi.
Il Movimento 5 Stelle non accetta di arrivare a formare una maggioranza insieme a lui. Ma non solo insieme a Berlusconi, ma anche insieme a Forza Italia, almeno è così secondo l'anima "ortodossa" grillina rappresentata da Alessandro Di Battista.
Il leader di Forza Italia non vuole saperne di farsi da parte e rilancia: "nessuno può dirmi cosa devo fare". È abbastanza comprensibile la posizione del cav: perché dovrebbe farsi da parte quando con il suo 14% esercita un ruolo cruciale nella coalizione di centrodestra, e proprio così riesce a tenersi al centro della scena Politica? Anche al leader del Carroccio Matteo Salvini non conviene rompere la coalizione di centrodestra e andare al governo con i pentastellati.
Lo abbiamo detto diverse volte: sedersi al tavolo con il M5s padrone di un 37% è ben diverso che sedersi con un "esiguo" 17%; gli appuntamenti elettorali in arrivo sono diversi; l'opa da lanciare su Forza Italia non può passare per un tradimento. L'opzione del ritorno al voto continua ad essere rilanciata spesso dal leader della Lega, anche ieri: "Sono stufo. Basta con questi che si insultano dalla mattina alla sera: o si fa il governo che è emerso da chi ha vinto le elezioni o andiamo al voto e non se ne parla più". Ha dichiarato al Vinitaly. Intanto oggi in una intervista a Repubblica, il ministro e neo iscritto al Pd Carlo Calenda, ha lanciato l'idea di un "governo di transizione e del presidente".
Sintomo che la discussione interna ai dem è quanto mai accesa.
Sarà Mattarella a sbloccare lo stallo
Se i partiti non vogliono premere l'acceleratore toccherà al capo dello Stato imprimere una svolta. L'ha ricordato lui stesso in occasione della conferenza stampa tenuta a seguito del secondo giro di consultazioni. Il presidente Mattarella ha dato ai partiti qualche giorno per svolgere delle consultazioni parallele e il termine per queste consultazioni sarebbe proprio mercoledì-giovedì. Date le condizioni attuali appare improbabile che i diversi attori in campo riusciranno ad offrire al Quirinale una soluzione allo stallo attuale. E allora tocca al presidente attraverso l'affidamento di un incarico ad una personalità prendere in mano la situazione.
Sono diverse le opzioni in campo: incarico ad un leader politico centrale (difficile); incarico ad un politico di secondo piano (probabile); incarico ad una figura terza al di fuori delle parti (difficile); incarico ad uno dei due presidenti delle camere (probabile). Il compito che spetterà all'incaricato sarà molto arduo e complicato. È attraverso questa mossa che il capo dello Stato cercherà di imprimere una svolta, ma sbloccare lo stallo non equivale a risolverlo, e potrebbe non finire qui.