Il contratto di governo è così scritto; la sua compilazione e revisione è terminata. Sono bastate alcune fughe di notizie relative al programma per destare scalpore e impaurire i mercati. I contenuti del contratto del governo portano alla lettura di un programma abbastanza estremo; sia dal punto di vista politico che economico. Diverse le misure in un certo senso estremiste, e le coperture sono ancora un mistero. Dovrebbero servire intorno ai 100 miliardi, ma ovviamente è quasi impossibile trovarli senza ricorrere ad un deficit eccessivo che manderebbe all'aria i conti pubblici dello Stato.

I leader dei partiti azionisti di maggioranza continuano a ripetere che le coperture si troveranno, ma come rimane ancora un mistero e vedremo. Intanto, con la partita sul programma archiviata, si ritorna a giocare sul campo delle "poltrone". E la più delicata e scottante di tutte rimane quella della presidenza del Consiglio. Qui è sopratutto il leader pentastellato Di Maio a giocarsi la sua carriera Politica; un coronamento vero e proprio che potrà avvenire solo bussando alla porta di Palazzo Chigi.

La strategia di Di Maio per la poltrona

Appare chiara la strategia del M5S e del suo leader Di Maio per arrivare ad occupare la poltrona più ambita; quella da premier. La carriera politica del giovane leader è costruita tutta attorno ad un unico obiettivo: quello del governo.

Un fine perseguito anche a costo di snaturare il movimento stesso, trasformandolo - a giorni alterni - in una forza di sistema. Di Maio le ha provate tutte: forni, cambi radicali di posizione, passi indietro, sabotaggi e passi in avanti. Nessuno ha mai fatto mistero, all'interno del movimento, su quale sia la vera posta in gioco per il capo politico.

Il detto è: "Ora o mai più". Questa è l'occasione della vita, e Di Maio sta facendo di tutto per non sprecarla. Ne parla anche Il Giornale di oggi che, in un retroscena di Minzolini, racconta uno scambio di battute con l'ex premier Matteo Renzi. Secondo il senatore di Firenze, Luigi Di Maio, è un personaggio che si legittimerebbe addirittura in sede europea.

Con la sua spregiudicatezza sarebbe pronto a diventare anche il più europeista di tutti. E poi, se il governo fallisse inghiottito dalle sue contraddizioni, ipotesi più che probabile, sarebbe capace di aprire lui la crisi, per poi dare la colpa del caos a Salvini.

Così si spiegano le strategie grilline di questi giorni, alquanto curiose. Hanno proposto di tutto per la poltrona di premier, tranne il candidato naturale Di Maio. Un modo per non bruciarlo, per proteggere il suo nome; nome da avanzare in extremis a un Salvini stufo per l'infinita ricerca e a un Mattarella che, altrettanto sfinito, cederebbe sul nome del capo politico grillino. Diversi gli esponenti finiti nel tritacarne dei quotidiani in questi giorni: Spadafora, Crimi, Bonafede; tutti nomi che difficilmente potrebbero approdare a capo del governo. Per il M5S il nome rimane uno: Luigi Di Maio. Molti gli ostacoli, in primis Salvini, ma anche uno molto potente e più defilato: Silvio Berlusconi.