La mafia nigeriana è attiva in Italia e può contare su migliaia di affiliati. Per chi avesse avuto ancora dubbi sul pericolo rappresentato anche nel nostro Paese dalle organizzazioni criminali con base in Nigeria, ma ormai diffuse in tutto il mondo, giovedì scorso un blitz della Squadra Mobile di Palermo ha smantellato una ‘costola’ della mafia nigeriana, chiamata clan Eiye, arrestando 13 persone.

Chi è da tempo convinto della gravità del problema è, invece, Nicola Porro, giornalista e conduttore del talk show di Rete 4, Quarta Repubblica. Intervistato da Il Giornale, Porro rivendica il primato della sua testata nell’occuparsi di mafia nigeriana. Ma, soprattutto, sottolinea il fatto che le recenti indagini avrebbero confermato quanto da lui denunciato più volte, ovvero che questi delinquenti arriverebbero proprio con i famigerati barconi che, secondo la vulgata comune, trasporterebbero solo disperati e mai terroristi o criminali.

L’intervista di Porro a Il Giornale: ‘All’inizio si voleva negare il problema’

Sollecitato dal collega Jacopo Granzotto, autore dell’intervista per il quotidiano di cui Nicola Porro ricopre ancora il ruolo di vicedirettore vicario, il conduttore di Quarta Repubblica ricorda subito che è almeno dal novembre scorso che la sua trasmissione ha cominciato ad indagare sulle infiltrazioni della mafia nigeriana nel nostro Paese. Le varie inchieste condotte dai collaboratori del programma di Rete 4 hanno scoperchiato diverse terribili realtà, fino a quel momento rimaste nascoste. Dal Cara di Mineo in Sicilia, il centro di accoglienza finito al centro di mille polemiche, all’inferno di Castelvolturno in provincia di Caserta, divenuta terra di nessuno.

Facendo poi tappa nelle numerose baraccopoli del Sud Italia, come in Puglia e Calabria, per trasferirsi poi in quelli che lo stesso Porro definisce i “ghetti delle grandi città del Nord” come Torino e Milano. Ora che anche le indagini della magistratura sembrano confermare i suoi sospetti circa il fatto che con i barconi arrivino anche membri delle organizzazioni criminali, Porro denuncia che all’inizio i suoi ospiti “non volevano sentire parlare di mafia nigeriana”, negando il problema e accusando invece lui di voler portare “l’ennesimo attacco all’accoglienza”.

‘I nigeriani lavorano in proprio’

L’intento di certi politici e dei mass media al seguito, denuncia Nicola Porro, era quello di far passare il “messaggio” che a bordo dei barconi non ci fossero anche “delinquenti” e che, comunque, non potesse esistere la mafia nigeriana in Italia perché qui tutto sarebbe stato gestito direttamente dalla “nostra mafia”.

E invece le indagini stanno dimostrando ampiamente che “i nigeriani lavorano in proprio”. E poi, anche le numerose inchieste di Quarta Repubblica, aggiunge il giornalista, hanno fatto capire che l’ordine di imbarcare suoi affiliati sui barconi con direzione Italia arriva direttamente da chi comanda in Nigeria. Per concludere, Porro ricorda che, anche sul caso della brutale mutilazione del corpo di Pamela Mastropietro per mano presumibilmente di Innocent Oseghale, “aleggia lo spettro della mafia nigeriana”.