Un'equipe di ricercatori neozelandesi dell'università di Auckland hanno scoperto che il mal di testa agisce per una seconda via, oltre a quella finora conosciuta. La scoperta, riportata sul sito dell'Ansa, spiega il perché dell'inefficacia dei farmaci tradizionali e apre la strada all'elaborazione di strategie più efficaci per combattere l'emicrania. Il concetto di base è semplice: capendo meglio le cause di un problema, anche le soluzioni possono essere più efficaci. La notizia riguarda il 20% delle donne e il 10% degli uomini, costretti a soffrire di un male che non viene efficacemente alleviato dai farmaci tradizionali, i quali possono presentare effetti collaterali non trascurabili.

Le scoperte degli anni '90 e le terapie farmacologiche.

Dalla metà degli anni novanta è noto che, a soffrire di mal di testa, sono principalmente soggetti che presentano alti livelli dell'ormone chiamato CGRP (Calcitonin Gene-Related Peptide), un ormone dolorifero. Per ridurre il dolore dell'emicrania si sono sperimentati farmaci che impediscono all'ormone di agire sui recettori dei nervi e quindi di produrre il segnale “doloroso”. L'efficacia di questi farmaci ha lasciato delusi.

La scoperta degli scienziati di Auckland e le nuove prospettive.

La scoperta è stata pubblicata su Annals of Clinical and Translational Neurology, dove si legge: “Abbiamo scoperto che il CGRP attiva un secondo target sulla superficie delle cellule nervose sensibili al dolore, chiamato AMY1, che i gepant non sono capaci di bloccare”. Si può spiegare il concetto con un esempio: il dolore entra per due porte, ma finora ne abbiamo bloccata una sola, ora che sappiamo dell'esistenza dell'altra possiamo intervenire. 

Il capo del progetto della Scuola di Scienze Biologiche dell'Ateneo, Debbie Hay, ha spiegato che adesso bisognerà capire come i due diversi recettori operano e interagiscono. L'intenzione è quella di produrre una “nuova classe di antidolorifici che si possano assumere regolarmente. Gli oppioidi funzionano, ma vi sono problemi di tolleranza e dipendenza". La speranza quindi, sarebbe di elaborare strategie alternative per lenire il dolore delle cefalee.