Affittare in nero un immobile potrebbe diventare sempre più dispendioso. La Commissione Tributaria Provinciale di Milano, infatti, ha recentemente emesso la Sentenza 2718/19/2019. Con questa pronuncia la CTP di Milano ha stabilito che per provare l'esistenza di un affitto in nero sono sufficienti le dichiarazioni dell'inquilino - locatario. Costui, infatti, secondo l'organo di primo grado della giustizia fiscale non può essere considerato un terzo qualsiasi, bensì è a tutti gli effetti parte del contratto.

Di conseguenza le sue dichiarazioni sono pienamente utilizzabili per dimostrare l'esistenza del contratto verbale tra locatore e locatario.

I fatti che hanno portato alla decisione della CTP

La Commissione Tributaria Provinciale di Milano si è trovata a giudicare il ricorso di un contribuente contro l'avviso di accertamento notificatogli dall'Agenzia delle Entrate avente per oggetto la richiesta di maggiore imposta Irpef relativa all'anno 2013 relativamente alla mancata indicazione nel modello Unico del 2014 di canoni d'affitto percepiti per un appartamento di sua proprietà sito nel Comune di Rho.

L'accertamento dei canoni non dichiarati era stato reso possibile dalla denuncia da parte della stessa inquilina in nero effettuata presso gli uffici della Direzione Provinciale II di Milano dell'Agenzia delle Entrate in data 7 febbraio 2014.

Da parte sua, il contribuente ricorrente lamentava, in primo luogo, che tale denuncia non gli era stata notificata. E, in secondo luogo, che l'ufficio dell'Agenzia delle Entrate aveva commesso un errore di calcolo nella determinazione del reddito da locazione. Di conseguenza, il debitore procedeva nel ricorso lamentando la carenza del compendio probatorio. Infatti, affermava che l'accertamento di fatto era basato esclusivamente sulla denuncia dell'inquilina.

E per il contribuente - ricorrente non poteva attribuirsi a tale denuncia il valore di prova, essendo l'inquilina qualificabile come un semplice terzo estraneo. Tutto al più le dichiarazioni dell'inquilina, a suo parere, potevano avere un valore meramente indiziario. Ma tali dichiarazioni non potevano contemperare i necessari requisiti di gravità ,precisione e concordanza richiesti da una prova. Inoltre, il ricorrente ribadiva che non essendo stata portata a sua conoscenza la denuncia dell'inquilina né mediante notifica, né con altro mezzo era stato leso il suo legittimo diritto di difesa. Per tali motivi, il ricorrente chiedeva l'annullamento dell'atto di accertamento.

Le contro deduzioni dell'AdE

Costituitasi in giudizio, l'Agenzia delle Entrate ha messo in evidenza come il contribuente abbia presentato in data 1 ottobre 2018 ricorso con istanza di reclamo e, quasi immediatamente dopo, senza attendere il trascorrere del termine previsto dall'articolo 17 bis del Decreto legislativo 31 dicembre 1992 n° 546, cosiddetto Codice del Processo Tributario, ulteriore ricorso presso la Commissione Tributaria Provinciale di Milano.

D'altra parte, con parziale accoglimento delle ragioni del contribuente, l'ufficio dell'Agenzia delle Entrate aveva provveduto, come richiesto dalla norma citata sopra, ad inviare allo stesso una proposta di mediazione. In detta proposta l'Agenzia delle Entrate riconosceva di aver commesso un errore di calcolo nella determinazione del reddito da locazione da sottoporre a tassazione.

Inoltre, l'Agenzia delle Entrate evidenziava come il contribuente potesse avere contezza della denuncia dell'inquilina dallo stesso ricorso. Inoltre, precisava di aver operato con piena correttezza mentre il contribuente non aveva presentato documentazione idonea per smentire la pretesa erariale. Anche perché dalla denuncia dell'inquilina poteva desumersi che tra la stessa e il proprietario dell'immobile fosse stato concluso, quantomeno, un accordo verbale.

La decisione della CTP di Milano

La Commissione Tributaria ha corretto l'errore di calcolo commesso dall'Agenzia delle Entrate. Ma per il resto ha confermato tutto quanto sostenuto dall'amministrazione finanziaria rigettando il ricorso del contribuente.

In particolare, i giudici tributari hanno confermato che all'inquilina in nero debba essere attribuito lo status di parte contrattuale. Di conseguenza le sue dichiarazioni non possono essere ritenute dei semplici indizi. I giudici chiariscono ulteriormente il punto affermando che la cosa sarebbe stata ben diversa se a denunciare i fatti all'Agenzia delle Entrate fosse stato un terzo qualsiasi, come ad esempio, un vicino di casa. Quindi, per la CTP di Milano, giustamente per dare validità alla mancata registrazione del contratto di locazione è stato sufficiente l'esposizione dei fatti da parte della locataria. Per tali motivi il ricorso è stato rigettato.