In un mondo in cui vige l' “automazione” dell’informazione e la crescita infinita delle fonti dalle quali l’informazione stessa proviene (siti degli editori, blog, siti di nano-publishing, social network) e nella quale qualsiasi lettore può trasformarsi in editore, appare sempre più difficile raggiungere un pubblico qualsiasi tramite contenuti informativi.

I lettori si sono abituati ad essere attivi nel cercare informazioni, Google è per la maggior parte degli utenti internet il punto di partenza di qualsiasi navigazione.

Queste due tipologie di cambiamento (aumento smisurato del numero di fonti e desiderio di protagonismo da parte del pubblico nel reperimento dei contenuti) hanno aperto la strada ad una nuova tipologia di servizio, che si sta consolidando ulteriormente grazie alla diffusione dello strumento principe per la fruizione di informazioni: iPad.

Questa nuova tipologia di player è costituita dagli “aggregatori”.

Un aggregatore è un software o un’applicazione che ricerca contenuti e informazioni sul web, per poi riproporli in “forma aggregata” per una migliore fruizione.

Di seguito, tre fra gli aggregatori al momento più diffusi, tutti ottimizzati per iPad. Essi organizzano le informazioni ordinandole per fonte o per categoria, o addirittura per preferenze del network di “amici” del lettore.

- Pulse: è un aggregatore di news, che seleziona le news provenienti dalle fonti che l’utente desidera monitorare. Consente di visualizzare l’intero articolo, così come presentato sul web, o una versione contenente solo il testo e di condividerlo tramite Twitter e Facebook.

- Fluent news: aggrega le news organizzandole per fonti, sulla base di parole chiave inserite dall’utente. Permette di controllare i contenuti promuovendo determinate fonti e disabilitandone altre (v. anche versione mobile).

- Flipboard: forse la novità più interessante. Esso infatti aggrega i contenuti letti segnalati dagli membri dei proprio network personale, ricercandoli in Facebook e Twitter, e li impagina in maniera istantanea in forma di rivista.

Il diffondersi degli aggregatori di contenuti ha suscitato non poche polemiche, soprattutto tra chi i contenuti li crea e ha tutto l’interesse affinché questi vengano visualizzati sul proprio sito internet.

Questo genere di proteste ha tuttavia trovato in disaccordo molti esperiti e appassionati di Tecnologia, che ricordano che le software companies hanno venduto per anni aggregatori di news per PC.

I siti internet inoltre pubblicano RSS feed soprattutto per essere utilizzati da questo tipo di programmi e molte persone si servono già di web-based RSS readers come Google Reader.

L’esordio, non senza polemiche, di Flipboard induce a pensare che ci si stia avviando sempre più verso un nuovo modello di consumo dei contenuti nella rete, che, come tutti i cambiamenti, produce delle rotture. Innanzitutto in fatto di distribuzione di contenuti, sollevando quindi il problema del copyright e dell’appropriazione delle informazioni bypassando il sito web originale e la pubblicità, a danno degli editori.

Il secondo elemento di rottura è dato dalla capacità di un’applicazione come Flipboard, per esempio, di creare un universo orientato agli interessi del lettore/utente, coniugando la potenza dei social network con la ricchezza e l’empatia dell’esperienza dell’iPad.

La terza rottura si materializza invece negli analytics: diventa infatti più complicato realizzare delle analisi di comportamento degli utenti, dal momento che l’accesso ai contenuti avviene prevalentemente all’interno dell’aggregatore e non nel sito di chi produce l’informazione, compromettendo così la tracciabilità dei dati web.

Tutto questo genera naturalmente pareri contrastanti: c’è chi si interroga sulla legalità di questi strumenti, chi li apprezza parzialmente e chi li considera delle rivoluzioni. Qualcuno sostiene che Flipboard non sia solo un aggregatore, ma un valorizzatore di contenuti.

Qual è quindi il futuro degli aggregatori e come evolverà il rapporto tra le parti chiamate in causa?

Chi è destinato a guadagnarci e chi a perderci? C’è forse spazio per tutti?

Ciò a cui punta la compagnia è una collaborazione con editori e advertiser e una spartizione dei guadagni, dal momento che Flipboard non intende essere gratuita per sempre.

Mike McCue, CEO e co-fondatore di Flipboard, invita a osservare la questione anche dal punto di vista del “design”. In sostanza, secondo McCue, se si applicano a Internet alcune regole di design del vecchio mondo dei magazine, questo nuovo modello di business funziona anche in fatto di advertising.

Ciò che ormai è in gioco è il controllo dei contenuti e della user interface, le due principali componenti dell’era del web 2.0.

Controllarle significa creare il business, come ha fatto ad esempio Apple con l’interfaccia dei telefoni cellulari e con iTunes, attraverso il quale ha costruito uno straordinario mondo di contenuti per il mobile.