E' evidente agli occhi di tutti che la nostra è l'"era della crisi", un'epoca in cui non regnano più convenzioni e tradizioni ma, in continua evoluzione, si plasmano gli assetti etici, economici e sociali come è accaduto alle generazioni precedenti dilaniate dalle due grandi guerre. Ebbene si, la crisi che fraziona le economie mondiali possiede la stessa matrice distruttrice della guerra. Tutto è messo in discussione, non esistono più certezze, ma incognite da risolvere.

Secondo quanto detto dal presidente di Confindustria, Giorgio Squinzi, in questo momento di forte debolezza economica, il nostro Bel Paese deve non solo essere determinato e coalizzato, ma anche "deve mantenere la calma nell'affrontare una crisi che ha portato l'Italia nell'abisso".

Squinzi continua: "anche se non siamo in guerra i danni economici fin qui provocati dalla crisi sono equivalenti a quelli di un conflitto e a essere colpite sono state le parti più vitali e preziose del sistema italiano". Esattamente come in tempi di guerra, oggi, sono stati colpiti i settori più redditizzi del mercato italiano da cui dipende il futuro del Paese.

Secondo quanto riportato dai dati del Centro Studi di Confindustria, a sei anni dall'inizio della crisi, nel 2013 l'Italia si troverà con un livello di benessere, determinato in Pil pro-capite, del 10% inferiore alla media 2007. La stima calcolata segnala un calo "pari quasi a 2.500 euro in meno (prezzi costanti dal 2005)". Per gli economisti di via dell'Astronomia è "una perdita difficilmente recuperabile in assenza di riforme incisive che riportino il Paese su un sentiero di crescita superiore al 2% annuo come è alla sua portata".

Il deficit pubblico nel 2013 sarà pari a -1,6% del Pil e non di -0,1% come prospettato a dicembre. Nel 2012 si assesterà invece a -2,6%, in peggioramento di 1,1 punti a causa della crisi. Luca Paolazzi, economista di spicco del team di Confindustria evidenzia la grave situazione di crisi in cui il nostro Paese si ritrova a "combattere" e dichiara "siamo nell'abisso": per il 2012 al -2,4% (dal -1,6%); per il 2013 al -0,3% (dal +0,6%).

La recessione è "più intensa", la ripresa è ora attesa dalla seconda metà del 2013.

Le previsioni riportano che il 2013 si chiuderà con un milione e 482mila posti di lavoro in meno rispetto al 2008, anno che sancisce l'inizio della crisi (in termini di unità di lavoro equivalenti a tempo pieno): era -1 milione e 276mila a inizio 2012.

La disoccupazione salirà al 10,9% a fine 2012 e toccherà il record del 12,4% nel quarto trimestre 2013 (13,5% con la Cig). Inoltre, la pressione fiscale nel 2013 aumenterà al 54,6% secondo i dati stimati dal Centro studi Confindustria. Oramai, è consuetudine ascoltare alla radio e alla Tv o leggere quotidiani informazioni che denotano una prospettiva futura difficoltosa e poco rosea ma questa volta dall'Ufficio Stampa della Confindustria si diffonde con massima frequenza una frase shock: "la crisi ha creato danni come un guerra".

L'Associazione degli industriali italiani specifica: "Non siamo in guerra. Ma i danni economici fin qui provocati dalla crisi sono equivalenti a quelli di un conflitto e a essere colpite sono state le parti più vitali e preziose del sistema Italia: l'industria manifatturiera e le giovani generazioni.".

Infatti si legge nel rapporto "l'aumento e il livello dei debiti pubblici sono analoghi, in quasi tutte le economie avanzate, a quelli che si sono presentati al termine degli scontri bellici mondiali".

Tuttavia, prosegue l'Associazione: "una sorta di guerra c'è stata ed è tuttora in corso, ed è combattuta, una volta di più, dentro l'Europa e dentro l'Italia. Come nei secoli passati, in cui le divisioni e gli interessi di parte prevalevano su tutto e tutti. A scatenarla sono stati errori recenti e mali antichi".