Impietoso Kenny Dalglish, ma ad onor del vero le sue parole si basano su fatti concreti che sono stati oggetto di inchieste giudiziarie. Il talento scozzese era uno dei punti di forza del Liverpool a cavallo tra gli anni '70 ed '80, con i reds ha vinto tre Coppe dei Campioni, l'ultima delle quali all'Olimpico contro la Roma, superata ai calci di rigore nella finalissima della stagione 1983/84.
In vista della sfida d'andata valida per le semifinali di Champions League tra Liverpool e Roma, l'attuale dirigente dei reds entra praticamente a gamba tesa sui giallorossi. "Nel 1984 non meritavano di giocare la finale, ci doveva essere il Dundee United. Ma nel match di ritorno della semifinale, l'arbitro francese Vautrot venne corrotto da un dirigente della Roma. Stavolta però la Roma non giocherà la finale, ho l'impressione che ci andrà il Liverpool ed ad Anfield sarà una notte memorabile".
Il caso Roma-Dundee
Trentaquattro anni dopo, i fatti legati alla semifinale di ritorno tra Roma e Dundee United sono ancora tinti di giallo.
Siamo certi del regolare svolgimento della partita, una delle migliori giocate dai giallorossi in campo internazionale vinta con pieno merito, doppietta di Pruzzo e rigore messo a segno da Di Bartolomei, oltretutto piuttosto netto. Risultato finale 3-0 che ribaltava lo 0-2 subito dalla Roma in Scozia. Allora? Dove sta il mistero? L'allora presidente giallorosso Dino Viola pagò effettivamente 100 milioni di lire che, teoricamente, dovevano servire per corrompere l'arbitro Vautrot, ma successivamente venne pure risarcito della cifra sborsata con una sentenza emessa nel novembre del 1987 che porterà alla condanna degli altri due protagonisti della vicenda, Giampaolo Cominato e Spartaco Landini, rispettivamente ex calciatore ed ex manager e direttore sportivo del Catanzaro.
Il primo sarebbe stato il 'grande architetto' della presunta combine, Landini era invece il tramite per arrivare a Vautrot. Il caso venne alla luce nel novembre del 1985, la Corte Federale dichiarerà nel gennaio dell'anno successivo la prescrizione dei fatti. Nel giugno del 1986 l'Uefa sospenderà la Roma per un anno dalle coppe e squalificherà Dino Viola per quattro anni, ma in appello la sentenza verrà tramutata in una 'semplice' multa di 170 milioni per la società. Quando venne aperto il processo penale, però, il presidente della Roma sarebbe passato al contrattacco, accusando Landini di averlo costretto a pagare la cifra, con la minaccia di un possibile danneggiamento per la squadra giallorossa.
Viola sostenne inoltre di aver creduto nell'assoluta incorrutibilità del direttore di gara. Morale della favola, risulterà vincente su tutta la linea: Landini e Cominato saranno condannati ad un anno di reclusione, pena sospesa; il tribunale imporrà inoltre la restituzione dei 100 milioni a Dino Viola, con tanto di interessi maturati in oltre due anni.