Nel 2006 Vittorio Emanuele finì in manette nell'ambito delle indagini del pm Woodcock su tangenti, prostituzione e gioco d'azzardo. Dopo aver conquistato la piena assoluzione nel processo, Vittorio Emanuele ottiene anche un risarcimento di 40 mila euro per i sette giorni passati in cella. Il denaro, tuttavia, ha dichiarato immediatamente il principe, verrà interamente devoluto in beneficenza; in particolare, i soldi saranno utilizzati da un ente specializzato "nell'assistenza a chi è rimasto senza possibilità di difendersi e di combattere come ho potuto fare io in questi anni e che vedono le proprie famiglie distruggersi".

L'intera vicenda giudiziaria che ha visto Vittorio Emanuele protagonista, così come quella che ha portato al riconoscimento del risarcimento di 40 mila euro, è stata ricostruita dal quotidiano "il Giornale". Dopo essere stato arrestato in una villa sul Lago di Como dove stava con alcuni amici, il 16 giugno 2006 il Savoia viene condotto in cella a Potenza. Sette giorni dopo, ottenuti gli arresti domiciliari in attesa del processo, Vittorio Emanuele, figlio dell'ultimo Re d'Italia Umberto II, torna in libertà.

Secondo la ricostruzione del quotidiano diretto da Alessandro Sallusti solo il segmento del processo in cui era inquisito Vittorio Emanuele ha resistito fino al dibattimento, mentre tutti gli altri filoni che riguardavano la corruzione del Sindaco di Campione e dei funzionari dei monopoli, il traffico di escort e il gioco d'azzardo sono stati archiviati.

Infine, tuttavia, anche il principe è stato assolto con formula piena.

È stato l'avvocato del Savoia a fare richiesta di indennizzo di 40 mila euro, infine riconosciuto, valutando la disavventura nel suo complesso: oltre ai sette giorni in cella, Vittorio Emanuele ha subito un immenso danno di immagine, oltre all'imbarazzante espulsione da alcuni circoli esclusivi di cui faceva parte. Se la vicenda del principe si è conclusa per il meglio, con assoluzione e risarcimento (dato in beneficenza), un altro caso simile non si è invece chiuso allo stesso modo.

Anche Vincenzo Puliafito, l'ispettore di polizia inquisito nella stessa indagine del 2006 con l'accusa di aver ricevuto una mazzetta da Vittorio Emanuele, aveva fatto richiesta di risarcimento.

L'ufficiale, anch'egli assolto cinque anni dopo, non ha però ottenuto l'indennizzo richiesto, di 143 mila euro, per le spese legali sostenute. La situazione potrebbe però ribaltarsi: in un parere del Consiglio di Stato, infatti, chiesto dal Ministero dell'Interno, si legge invece che la richiesta di Puliafiato per il rimborso andrebbe accolta.