Senza parole, come quelle famose vignette le cui illustrazioni si commentano da sole. Difficile fare la "fredda cronaca" dinanzi ad episodi del genere perchè fanno male all'immagine del Paese e della Rai. La puntata di "Porta a Porta" in cui è stata mandata in onda l'intervista di Bruno Vespa a Salvo Riina, il quasi 39enne figlio terzogenito del capo dei capi in occasione dell'uscita del libro "Riina-Family Life", edito da Mario Tricarico, doveva rappresentare un'occasione per parlare di mafia e fare "antimafia".
Al contrario, chiunque sia dotato di coscienza civile non può che esserne indignato.
'Lo Stato mi ha tolto mio padre'
Giuseppe Bellomo faceva il geometra e tutti i giorni andava a lavorare. Era un marito ed un padre amorevole. Intanto la sua famiglia viveva certamente in maniera diversa rispetto a tutte le altre. Giuseppe Bellomo era il nome di copertura usato da Totò Riina: nell'intervista rilasciata a Bruno Vespa nel corso di "Porta a porta", Salvo Riina dice chiaramente non essersi mai chiesto perchè la sua famiglia cambiava casa così spesso ma soprattutto perchè i lui ed i suoi fratelli non andavano a scuola come gli altri bambini.
"Io - ha detto - sono figlio di Totò e non del capo dei capi. Io penso ai miei familiari ed ai valori che mi hanno trasmesso". Una delle frasi che ha destato più scalpore da parte di Riina jr. è stata senza dubbio riferita all'annuncio del mass media nel 1993, "ha vinto lo Stato", quando venne arrestato il boss di Corleone. "Non condivido questa frase, lo Stato mi ha tolto mio padre". E poi ancora, quando Salvo Riina sottolinea l'importanza del quarto comandamento, quello di "onorare il padre e la madre", Bruno Vespa gli ricorda anche l'esistenza del comandamento "non uccidere". La risposta che lascia allibiti è "io i comandamenti non li prendo in blocco".
'La mafia può essere tutto o nulla'
Salvo Riina non si sarebbe mai chiesto cos'è la mafia.
Lo ha detto lui stesso rispondendo alle domande di Vespa. "Non so cosa sia, può essere tutto o nulla". Quando il discorso cade sulle vittime di mafia, il figlio del boss sottolinea di avere "rispetto per i morti, rispetto per tutti".
Le reazioni
"Le mani di Riina accarezzavano i figli ma sono macchiate di sangue", sono le parole twittate dal presidente del Senato, Pietro Grasso, che ha annunciato che non avrebbe guardato la trasmissione. L'ex segretario del PD, Pier Luigi Bersani, ha rinunciato a partecipare al programma al quale era stato invitato proprio per l'intervista con Salvo Riina mandata in onda. Maria Falcone, sorella del giudice ucciso per ordine del capo dei capi nella strage di Capaci, ha definito l'intervista "un fatto indegno".
Ed a proposito della trasmissione andata in onda ieri sera, i vertici Rai ne dovranno rispondere in un'audizione urgente convocata dalla Commissione parlamentare antimafia.
Una discutibile caccia all'audience
Pensiamo a Beppe Alfano, Pippo Fava, Mario Francese, Mauro Rostagno, Peppino Impastato o Giancarlo Siani. Pensiamo a tutti quei colleghi della stampa che sono morti in nome del diritto all'informazione. Pensiamo anche ad Ilaria Alpi e Miran Hrovatin, anche se nello specifico non sono caduti per mano mafiosa ma sempre in nome di un giornalismo che cerca di portare alla luce la verità, quella che dovrebbe essere alla base della nostra professione. L'intervista a Salvo Riina, la pubblicazione di un libro.
Stiamo parlando non solo del figlio del capo dei capi ma anche di un uomo condannato in passato per associazione mafiosa. Tutto ciò non è giornalismo d'inchiesta, non è antimafia ma solo una discutibile ed a tratti becera caccia all'audience.Tutto ciò offende a dismisura le vittime di tutte le mafie.