Sei persone sono state arrestate a Terni, al termine di un'indagine su un centro estetico in cui numerosi malati di Sla e altre malattie si recavano per ricevere cure. I pazienti, comprensibilmente provati dalla patologia, erano disposti a provare nuove terapie pur di alleviare il dolore.

Il Protocollo "Seven to stand"

In apparenza tutto nella norma. In quel centro estetico era tutto in regola, se non fosse per l'assidua presenza di persone - se ne contavano circa 240 - con gravissime patologie degenerative: dalla Sla alla sclerosi multipla, dal Parkinson all'artrite reumatoide, il centro pullulava di gente in difficoltà, sofferente, speranzosa di trovare sollievo al proprio male.

Ogni patologia aveva, come comune denominatore, una cura "particolare": il protocollo "Seven to stand", che significa "sette (settimane) per reagire". 

Questa procedura pseudo-terapeutica, dal dubbio fondamento scientifico non ancora verificato, si basa sulla tesi che malattie autoimmuni come la sclerosi multipla possano essere controllate nel giro di sette settimane, portando il paziente a un netto miglioramento della qualità della vita. Come? Facile, con farmaci "alternativi".

Sei arresti importanti

Le sei persone arrestate, di cui una ai domiciliari, ricoprivano incarichi importanti nel tessuto sociale in cui vivevano.

Un estratto di società "bene" che nasconde fini poco encomiabili, perseguiti con mezzi poco ortodossi. Una vera e propria associazione a delinquere, secondo gli inquirenti, che vede come attori principali un avvocato, fondatore di un'associazione denominata "Università popolare Homo&Natura", un farmacista di Rieti, accusato di preparare composti farmaceutici con sostanze di dubbia provenienza (compresa la Cina), una fisioterapista del centro estetico "Forme di Bellezza" di Terni, un medico, direttore sanitario presso la struttura in cui si applicava regolarmente il protocollo, e un ingegnere biomedico, addetto al rifornimento di farmaci e al web marketing per la promozione del "Seven to stand".

La polizia di Terni ha inchiodato i sei professionisti che somministravano terapie del tutto inutili e prive di validazione scientifica, a scapito della medicina ufficiale, e con risultati del tutto inesistenti. L'aggravante è costituita dal costo del protocollo: ogni paziente doveva pagare tra i due e i quattromila euro per guarire.