Mosul è il nome che gli arabi dettero all’antica Ninive, la capitale assira citata anche nella Bibbia. Oggi è al centro delle cronache mondiali per la battaglia iniziata lo scorso 17 ottobre e finalizzata alla sua liberazione. Da una parte ci sono gli occupanti dell’Isis, dall’altra le milizie dell’esercito regolare iracheno e dei peshmerga (le forze armate della regione autonoma del Kurdistan iracheno), che operano in stretta collaborazione con le forze speciali degli Stati Uniti d’America.
Un coinvolgimento, quello del paese a stelle e strisce, che non può non influenzare la vigilia delle elezioni per il nuovo presidente, ma quello di Mosul è uno scenario ben più ampio. Come andrà a finire?
L’offensiva contro Is: è la fase decisiva?
L’esercito iracheno ha fatto il suo ingresso a Mosul, la più grande roccaforte urbana dell’Isis in Iraq. Questo è l’ultimo aggiornamento relativo all’offensiva cominciata il 17 ottobre 2016, dopo più di due anni (era il giugno del 2014) dalla caduta della città nelle mani dei jihadisti. E’ un centro chiave per l’intero Iraq (la diga di Mosul è considerata strategica per il paese), ma oggi è il simbolo di una battaglia che conosce una fase molto importante, se non determinante.
Le forze speciali stanno sfiancando la strenua resistenza dell’Isis e sono riusciti a prendere possesso dell’edificio della televisione di stato, nella zona di Kukjali. Anche l’esercito turco è sceso in campo, iniziando a disporre i propri carri armati nell’area sudorientale di Silopi, al confine con l’Iraq. Il primo ministro iracheno Haider Al Abadi aveva annunciato questa offensiva (che coinvolge 50mila soldati), a cui i miliziani dell’Is si sono preparati a dovere, mettendo in piedi ben sei linee difensive: barricate e trincee cosparse di kamikaze, auto bombe e trappole esplosive. Ma non solo: i jihadisti avrebbero tentato di proteggersi anche servendosi di ben venticinquemila civili come scudi umani.
Secondo gli ultimi aggiornamenti, molti combattenti dell’Isis sono stati uccisi e il principale accesso orientale della città è stato liberato. I cacciabombardieri hanno sganciato circa tremila ordigni su Mosul dall’avvio di questa offensiva, che adesso vive la sua fase decisiva, mentre le fonti Onu riferiscono di quasi 1800 persone uccise in Iraq nel mese di ottobre 2016, oltre 1100 delle quali erano civili.
L’Italia ha un ruolo in tutto questo?
Risponde il Generale Angelo Michele Ristuccia, comandante del Contingente in Iraq inquadrato nell'Operazione Prima Parthica, ossia il contributo italiano alla coalizione internazionale contro il sedicente Stato Islamico in Iraq e Siria, che annovera oltre 60 paesi e tre organismi internazionali.
Sono 950 i militari italiani operanti in Kurdistan, dove hanno finora addestrato oltre seimila persone. Il Generale Ristuccia si dice soddisfatto di quanto fatto finora, pur restando consapevole di quanta strada ci sia ancora da percorrere, perché “il nemico è molto forte e difficile da affrontare”, ma il contingente italiano è pronto per continuare a fornire il proprio contributo alla liberazione dell’Iraq.